I Diritti umani fra guerre e pace
27 novembre 2019
Il Festival dei Diritti Umani arriva alla sua tappa torinese, nel corso della quale si discuterà di corridoi umanitari e della sorte di chi fugge dalle bombe. Una soluzione che non risolve tutto ma salva delle vite
La politica spesso fa a pugni con la logica. E con il buon senso. Il nostro compito è provare a invertire questa tendenza. È lo spirito con cui il Festival dei Diritti Umani da quattro anni sta cercando di far alzare lo sguardo dagli abissi della polemica e delle fake-news, per elevarli sui fatti e sulle possibili soluzioni. Convinti che con diritti uguali per tutti la società intera ne beneficerà.
Sembra che da anni siamo invasi da stranieri, maschi, neri e musulmani. I dati – non le percezioni – dicono altro: gli stranieri residenti in Italia sono circa l’8% della popolazione totale dal 2014. Sono in maggioranza uomini? No, in maggioranza (52%) sono donne. Ma sarà almeno vero che sono tutti musulmani? Macchè: le prime cinque nazioni di provenienza sono, in ordine decrescente, Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina. Dunque a meno che non si scopra una fortissima comunità islamica in Romania e Ucraina direi che siamo di fronte a una prevalente tradizione bianca e cristiana.
Proviamo con un altro caposaldo del discorso pubblico: le navi delle ong attirano i migranti. Quindi – ecco il cinismo della politica – se blocchiamo le ong non ci saranno più sbarchi. È la teoria del pull factor (fattore d’attrazione). Che come I protocolli dei Savi di Sion è una fake-news. Nel caso del pull factor lo dicono i numeri, quelli messi in fila da due ricercatori italiani, Matteo Villa e Eugenio Cusumano, dell’European University Institute. Il numero dei salvati dipende dal numero di coloro che partono. Per esempio nel 2015, quando le ong mettono in mare alcune imbarcazioni, aumentano i salvataggi dallo 0,8 al 13% a fronte però di un numero di partenze molto più basso. Idem nella seconda metà del 2017: tante navi umanitarie ma molti meno sbarchi. Villa e Cusumano hanno poi analizzato il 2019: nei giorni in cui erano presenti le navi umanitarie nella zona Sar non ci sono state più partenze rispetto ai giorni in cui c’erano solo le motovedette libiche. Le partenze dei migranti, in poche parole, dipendono dalle condizioni meteo e dalle crisi belliche. E così il cerchio si chiude: la logica e il buon senso sbugiardano il discorso “cattivista”, le strumentalizzazioni politiche.
Il Festival dei Diritti Umani ha deciso di occuparsi quest’anno di “Guerre e Pace” anche per provare a consolidare una narrazione basata su dati di fatto: sono i conflitti a determinare in molti casi, più o meno direttamente, le migrazioni. Indagare sulle cause di queste guerre, sperimentare modalità efficaci di racconto, sentire le testimonianze dirette può servire a far capire la nostra contemporaneità. Se è vero, come ha detto Mary Kaldor nell’incontro di Milano del Festival, che chi vuole una guerra in questo momento non è interessato a vincere ma a farla durare più a lungo possibile per i suoi sporchi affari, abbiamo l’ulteriore conferma che ci troviamo davanti a un fenomeno migratorio permanente, impossibile da risolvere con la propaganda dei “porti chiusi” e tantomeno dello “aiutiamoli a casa loro”.
Qui è scattata la voglia di collaborare con la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia che questi ragionamenti non solo li “mastica” da anni ma li usa per proporre (parziali) soluzioni al fenomeno migratorio. I “corridoi umanitari” – praticati da anni insieme a Comunità di S. Egidio e Tavola valdese – non sono LA soluzione, ma sicuramente UNA soluzione. Perlomeno per risparmiare rischi e fatiche a persone che hanno il diritto di fuggire dalle bombe e di provare una vita migliore.
Tra una chiacchierata sotto i portici del centro torinese con la redazione di Riforma e mille telefonate è nato l’appuntamento del 28 e 29 novembre, che abbiamo definito una tappa del Festival dei Diritti Umani. L’esperienza di chi la guerra l’ha vissuta, di chi tende le mani per accogliere un migrante e di chi prova a pulire dalle falsità il linguaggio dei media saranno il focus degli incontri torinesi. Con la speranza che usciti dall’aula magna del liceo “Arimondi-Eula” di Savigliano (Cn), dalle sale così ricche di storia della Scuola Holden e del Circolo dei lettori, rimanga la voglia di contestare le bugie e le strumentalizzazioni.