Morti sul lavoro. Parliamone, ma senza infingimenti
23 ottobre 2019
Marco Bazzoni documenta la tragedia delle morti sul lavoro compilando una lunga e triste lista dei decessi «illuminando»le storie come quella di Alessandro Rosi e di sua moglie Paola
«Sono oltre 600 i morti sul lavoro dall’inizio dell’anno. Un bollettino di guerra, una “mattanza” quotidiana che non conosce soste. Le chiamano “le stragi nell’indifferenza” e mai parole furono più vere. Morti che avvengono, dicono, per “tragiche fatalità”. Non esistono “fatalità” solo responsabilità», afferma Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza a Firenze.
Da anni Bazzoni documenta la tragedia delle morti sul lavoro compilando una lunga e triste lista dei decessi e mantiene i contatti con le famiglie delle vittime, alcune di queste si mettono in contato con lui per cercare aiuto e solidarietà: «Paola Batignani– dice Bazzoni a Riforma.it e dopo l’articolo proposto ai nostri lettori lo scorso 12 settembre – è la moglie di Alessandro Rosi, operaio fiorentino morto schiacciato da una trave di acciaio alle acciaierie Arvedi di Cremona il 9 Agosto 2019. Aveva solo 44 anni. Paola mi ha contattato su Facebook chiedendomi di portare di nuovo l’attenzione dei mezzi d’informazione il dramma delle morti sul lavoro e provare così a lenire un po’ del suo dolore per la perdita di marito Alessandro. Un dolore enorme».
Un dramma quello delle morti sul lavoro ben documentato ma del quale poco si parla, se non quando vi è un decesso da segnalare o in occasioni di giornate dedicate come avvenuto lo scorso 13 ottobre, in occasione della 69° Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro.
Stime recenti dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), infatti, ci dicono che ogni anno nel mondo sono circa 2,78 milioni le persone (tra le quali 12.000 bambini) che muoiono mentre svolgono un’attività lavorativa; in Italia si contano mediamente 1 milione di infortuni e circa 1300 decessi sul lavoro (17 mila morti negli ultimi dieci anni, ricordava qualche giorno fa Roberto Ciccarelli su il manifesto); dunque, facendo una media, quasi 4 morti al giorno.
Eppure, nel corso degli anni la diffusione di nuove tecnologie nei processi produttivi e i risultati della ricerca in questo settore, così come l’applicazione di nuove norme in materia di salute e sicurezza, hanno consentito di ridurre l’incidenza del fenomeno.
Negli ultimi cinquant’anni è stato registrato un calo progressivo di infortuni (nel 1963 i morti del lavoro erano 4644, un picco altissimo). Dal 2000 al 2016 il numero si è progressivamente ridotto, ma negli ultimi tre anni i decessi sono tornati a crescere.
Come può una vita essere stravolta in un istante? Lo racconta Batignani nel suo messaggio di dolore inviato a Bazzoni: «Una telefonata mi ha portato via la vita».
Il 9 Agosto alle 9,50 Paola Batignani chiama il marito, che non risponde: «non ci faccio più di tanto caso – dice lei – perché a volte succede. Al lavoro però ricevo una telefonata da mia suocera e la mia vita sprofonda nel più nero dei dolori, nella più forte disperazione. ALESSANDRO mio marito, Alessandro papà di un bambino di 10 anni, Alessandro il mio miglior amico, Alessandro il mio rassicurante amore È MORTO. Alle 10, una trave di 86 tonnellate ha deciso di ucciderlo. Il 9 Agosto Alessandro è morto a causa di un incidente sul lavoro nell’area esterna di una delle più grandi acciaierie di Cremona e d’Italia e a soli 44 anni».
Alessandro era un gruista di una ditta di Firenze, ricorda ancora la moglie, «Alessandro ha smesso di vivere a causa del profitto, della poca attenzione, della non curanza di regole, della poca attenzione nel gestire il lavoro in appalto».
Tra i sentimenti che oggi albergano in Paola Batignani, «la vergogna, la rabbia, l’odio, il dolore, la disperazione, la paura, l’incredulità», ricorda ancora Bazzoni, sentinella della legalità e del contrasto alle morti sul lavoro chiedendosi ogni volta, «quanto vale la vita di un uomo nell’Italia di oggi?».
Nel nostro Paese, infatti, ma non solo nel nostro, tra i nodi ancora da sciogliere in materia di prevenzione c’è certamente quello di poter giungere al più presto a una corretta applicazione del Decreto 81 (9 aprile 2008 – Testo unico sulla salute e la sicurezza) che prevede che attraverso le sanzioni riscosse dalle aziende siano attuati investimenti per la prevenzione, allestiti progetti dedicati, fatte assunzioni di nuovi ispettori, sempre carenti; che siano programmati incontri formativi.
Troppo spesso, invece, questi introiti da sanzioni finiscono nel calderone generico della Sanità.
Altra questione è la mancanza di un’identità nazionale omogenea nei servizi di controllo degli ambienti di lavoro e il fatto che la maggior parte degli ispettori al controllo sia destinato ad accertamenti contributivi , raramente alla sicurezza nei luoghi di lavoro».
I media generalisti inoltre riservano poca attenzione al tema delle morti sul lavoro denuncia ancora Bazzoni: «Sarebbe importante proporre servizi e approfondimenti regolari. Non basta raccontare i casi di morte quando avvengono, inserendoli nella cronaca. La prevenzione e la comunicazione sono le uniche vie maestre per prevenire questo tragico fenomeno. Prevenire è meglio che curare, dice un vecchio detto. Se qualcuno non la pensa così, gli ricordo che dovrebbe essere così!».
Anche i numeri sono importanti, «non tutte le morti sul lavoro sono riconosciute dall’Inail. Resta il dato che anche le morti effettivamente riconosciute sono inaccettabili», chiosa Bazzoni.
«Il giorno in cui è morto mio marito Alessandro Rosi – conclude la moglie – nessuno ha fermato il lavoro, nessuno ha rispettato il nostro dolore con una parola di conforto, nessuno. In nome di Alessandro e di tutte le vittime sul lavoro sono disposta a tutto, purché se ne parli e si denunci».
La battaglia di Paola Batignani dev’essere un esempio e una sfida per tutti noi che ci occupiamo d’informazione spingendoci a illuminare le morti sul lavoro e per far sì che si potenzino tutte le azioni volte alla prevenzione e alla sensibilizzazione.
Il nostro abbraccio lo inviamo anche alla moglie e ai due bimbi di Andrea Barale di 33 anni, morto quattro giorni fa nello stabilimento Merlo a Cervasca (Cn).