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Il nome di Dio

Un giorno una parola – commento a II Timoteo 2, 19b

Non pervertirai il diritto, non avrai riguardi personali e non prenderai nessun regalo, perché il regalo acceca gli occhi dei savi e corrompe le parole dei giusti
Deuteronomio 16, 19

Si ritragga dall’iniquità chiunque pronuncia il nome del Signore
II Timoteo 2, 19b

Abbiamo bisogno di parlare di Dio. Tuttavia, in quanto umani non arriviamo a parlarne correttamente. Non riusciamo ad esprimerci bene, né molto esattamente; dobbiamo averne coscienza e non abusare del suo nome. Il nome di Dio è spesso associato alla violenza o per coprire un vuoto di fede e di amore. 

La nostra conoscenza di Dio sottolinea la sua differenza con noi. Dio è altro; questa diversità è a disposizione dell’essere umano e non contro di lui. Gli umani schiacciano al suolo il nome di Dio quando non riescono più a stare in silenzio, a pregare, a leggere la sua Parola; quando non vogliono più guardare in faccia i problemi e le preoccupazioni altrui; quando non cercano più la giustizia e la legalità. Allora, il nome del Signore diventa una parola vuota su cui proiettare le nostre speranze, i nostri desideri, la nostra empietà... Tutto il sangue versato nel suo nome è riuscito a togliere a quel nome il suo splendore. Gli esseri umani si uccidono a vicenda e lo fanno nel nome dell’unico Dio. 

Con tutto ciò, anche se carico di tutti i peccati umani, di tutta l’umanità, non possiamo fare a meno del nome del Signore, non possiamo sacrificarlo. Se per un verso il nome di Dio è stato fonte di paure, angoscia, sofferenza, per un altro verso esso è fonte di amore, speranza e liberazione. Tuttavia, non basta dire “Signore, Signore”. Bisogna sporcarsi le mani, lottare per la giustizia sociale, per i diritti umani e soprattutto bisogna vivere vicino alla gente e condividere la loro storia. La parola “Dio” è divenuta come mai prima di oggi ambigua, e quindi è da trattare con il dovuto rispetto, molta cura, attenzione e discrezione. 

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