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Rinnovare il patto di fiducia nel Signore

L'impegno delle chiese metodiste riaffermato nella Consultazione di Ecumene

Durante il fine settimana 24-26 maggio si è svolta a Ecumene l’annuale Consultazione delle chiese metodiste italiane. Erano presenti circa sessanta partecipanti in rappresentanza delle varie comunità e opere sul territorio nazionale. Hanno partecipato ai lavori, in qualità di ospiti, il moderatore della Tavola Valdese, Eugenio Bernardini, la segretaria della Federazione giovanile evangelica in Italia, Annapaola Carbonatto, una delegazione della Chiesa coreana di Venezia Mestre e il reverendo Barry Sloan, rappresentante della Chiesa metodista di Gran Bretagna. 

Dopo il culto inaugurale della sera di venerdì 24 maggio, tenuto dal pastore Peter Ciaccio sul testo di Matteo 5, 13-16, i lavori si sono concentrati nella giornata di sabato, con le conclusioni nella mattinata della domenica. La presidente del Comitato permanente dell’Opera per le chiese metodiste in Italia (Opcemi), Mirella Manocchio, e i membri del Comitato stesso hanno introdotto il dibattito generale, proponendo quale punto di partenza Genesi 4, 26 («Anche a Set nacque un figlio, che chiamò Enos. Allora si cominciò ad invocare il nome del Signore»). Il filo conduttore della riflessione è stata la domanda «che vuol dire per noi, comunità di credenti, invocare il nome di Dio oggi?», come testimoniare la «vicinanza soccorritrice» del Signore, come «permettere alla sua presenza di agire nella nostra dimensione storica con la sua potenza radicale, con la sua giustizia, con la sua pace», assumendoci «la responsabilità di essere coinvolti nel Venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà». 

I numerosi interventi della mattinata di sabato hanno messo a fuoco il tema, individuando una serie di criticità nello “stato di salute” delle chiese metodiste italiane, ma anche suggerendo prospettive di rilancio. Prendendo spunto anche dalla recente pubblicazione Granelli di senape(curata dal Centro Studi Confronti e già introdotta al Sinodo del 2018), ci si è soffermati sul rischio generalizzato di un cedimento a una “cultura della delega” e a una tendenza alla clericalizzazione interna, che spesso fa del pastore l’esclusivo terminale della vita delle comunità. Di contro, si è portato anche l’esempio di chiese locali che sono riuscite negli ultimi tempi a rivitalizzare la partecipazione e l’assunzione di responsabilità da parte di tutti i membri. Segnali di controtendenza, che si potrebbero rafforzare attraverso anche pratiche di “interscambio”, di conoscenza e di contatto tra le comunità stesse.

Tra i vari contributi che hanno cercato di inquadrare l’impegno di evangelizzazione delle chiese metodiste all’interno delle questioni del nostro tempo, è emersa una marcata attenzione ai temi del creato e della giustizia sociale. A proposito di quest’ultima questione è stato proposto che le chiese locali avviino al loro interno una sperimentazione che tenga conto tanto dell’ «impoverimento materiale» (dalla relazione del Comitato permanente), quanto delle ricadute sulle persone in termini di percezione di sé, della propria dignità umana, e della dimensione spirituale.

La mattinata di sabato si è conclusa con l’intervento del moderatore Bernardini, che è tornato sulle criticità già emerse nella discussione, collocandole all’interno dei processi complessi di trasformazione culturale, che pongono oggi forti sfide a tutto il cristianesimo occidentale. Le parole del Moderatore sono state, però, anche di incoraggiamento a proseguire nella ricerca avviata di una progettualità di testimonianza e di predicazione, radicata nella storia del protestantesimo italiano, che sappia incontrare i bisogni e l’interesse dei nostri connazionali oggi. 

In piena continuità con il dibattito della mattina è stato l’intervento pomeridiano dell’ospite nordirlandese Barry Sloan, responsabile del coordinamento europeo della Methodist Church of Britain e direttore del Dipartimento Evangelizzazione della United Methodist Church in Germania. Il pastore Sloan ha portato testimonianza del lavoro che le chiese metodiste in Europa stanno svolgendo per rispondere alla sfida delle società altamente secolarizzate. Questi esperimenti, ha detto, si ispirano alla prospettiva di una chiesa missionaria e “contestuale”, che si preoccupa, cioè, di uscire fuori dai propri luoghi e di raggiungere le persone negli spazi e nei tempi della vita quotidiana, resistendo alla tentazione di ricondurle meccanicamente alle proprie forme e strutture tradizionali. 

Concludendo questo breve e parziale resoconto, la consultazione di quest’anno ha dato voce a una base metodista ben consapevole dei propri limiti e difficoltà, ma anche ben decisa a rinnovare il patto di fiducia nel Signore, riaffermato nel culto domenicale di chiusura dei lavori. 

 

 

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