Disarmo, l'impegno delle chiese protestanti italiane
04 marzo 2019
Ampia partecipazione al convegno a Roma “Produzione e commercio di armamenti: le nostre responsabilità”
«Come presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), oggi qui rappresentata dalla Commissione globalizzazione e ambiente (Glam), desidero portarvi il mio personale saluto e augurio di buon lavoro. Servono “armi di giustizia”, così si legge nella seconda lettera di Paolo ai Corinzi al capitolo 6. Le armi della giustizia biblica sono la conoscenza, la pazienza, la bontà, la sincerità e l’amore». Questo il saluto di Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia al convegno presso il Palazzo dei Gruppi parlamentari a Roma dal titolo “Produzione e commercio di armamenti: le nostre responsabilità” che si è svolto venerdì 1 marzo.
Il convegno, promosso dalla Commissione globalizzazione e ambiente della Fcei, insieme ad altre organizzazioni*, ha inteso promuovere il confronto tra rappresentanti del governo e delle istituzioni, parlamentari, associazioni di categoria, delle Chiese e della società civile sul tema della produzione e del commercio italiano di armamenti con particolare attenzione al ruolo ed alle funzioni di ciascun attore ed alle responsabilità nel controllo di questo settore.
«Come protestanti siamo da sempre impegnati, in Italia e all’estero, per l’educazione alla pace e alla non-violenza – ha proseguito Negro -. Abbiamo costruito insieme iniziative locali e internazionali per una pedagogia della pace, dai campi politici del centro ecumenico internazionale di Agape, ai percorsi di formazione e risoluzione dei conflitti del Movimento cristiano studenti (Wscf), e molte altre azioni rivolte alla giustizia sociale, economica e ambientale. Le chiese e la società possono costruire un’economia di pace e cooperazione, dove le “armi della giustizia” portino i loro buoni frutti: riconversione dell’industria bellica; ripudio della guerra come indicato nella nostra Carta costituzionale; istituzione di organismi civili internazionali non armati di mediazione diplomatica. La Bibbia dice “Beati quelli che si adoperano per la pace” (Matteo 5:9). Grazie allora a chi lavora per realizzare questo grande sogno collettivo e condiviso».
Elizabeth Green della Chiesa battista di Carbonia e Sulcis Iglesiente ha introdotto i lavori: «siamo presenti in Sardegna da 140 anni e abbiamo colto l’invito, nel maggio 2017, a fare parte del Comitato riconversione della fabbrica di armi RWM. Dalla nostra realtà nasce il convegno di oggi; siamo una realtà periferica che trova la sua forza nella collaborazione. Questo convegno mette insieme due realtà periferiche, il Sulcis e lo Yemen. Il nostro scopo è portare queste due periferie connesse dalla morte delle armi, dai margini al centro delle istituzioni».
E’ stato letto anche un saluto di Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), che ha ringraziato gli organizzatori per il loro impegno su questo tema.
«Come Commissione globalizzazione e ambiente ci occupiamo di giustizia economica e giustizia climatica. In ambito protestante non possiamo non partire dal fatto che in questo momento è in atto una guerra per l’accaparramento delle risorse del pianeta e lo svuotamento delle democrazie». Così Antonella Visintin, coordinatrice della Commissione globalizzazione e ambiente (Glam) della Fcei durante la Tavola rotonda “Le Chiese, le associazioni e gli armamenti: l’ecumenismo e l’impegno sociale per la pace”. Visintin ha ripercorso la posizione storica delle chiese cristiane su questi temi anche in relazione al lavoro congiunto con le organizzazioni internazionali: «noi siamo dei lillipuziani e seminiamo sia sui territori con le nostre chiese, sia nelle grandi organizzazioni internazionali con i nostri organismi di rappresentanza. Non possiamo dimenticare che le guerre in atto in questo momento continuano a muoversi lungo le direttrici della storia coloniale di ciascun paese e i suoi bisogni energetici. I grandi organismi ecumenici hanno trattato il tema delle guerre nel più generale attacco ai diritti. Per noi cristiani i diritti sono legati alla fede e tutti devono potervi accedere. Ricordiamoci che non smontiamo le guerre senza disinnescare le loro ragioni, dobbiamo decostruire quindi le motivazioni di queste guerre».
Per la Chiesa cattolica è intervenuto don Bruno Bignami, Direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei. «Disarmare i cuori e gli arsenali – ha detto – è la condizione essenziale per la pace. La produzione e commercio di armi scatenano un circolo vizioso che mina la democrazia, a questa folle corsa non c’è ragione. A quando il fine corsa?». Franco Uda dell’ARCI ha ricordato l’impegno dei comuni italiani, a partire da quello di Assisi, con le mozioni approvate da alcuni consigli comunali sulla guerra in Yemen. Allo stesso modo ha messo in risalto l’impegno e l’azione del movimento pacifista, delle conoscenze e le competenze accumulate da questo negli anni e della controrappresentazione della realtà che i pacifisti esprimono.
Luigi Barbato dell’Istituto di ricerche internazionali archivio disarmo (IRIAD) ha espresso la sua preoccupazione per la situazione e gli equilibri mondiali sul tema delle armi e il risorgere dei conflitti, anche tra paesi che hanno armamenti nucleari. Barbato ha anche ricordato la questione degli F35 e la discrasia tra politica ed etica.
Molti gli ospiti internazionali che hanno partecipato alla tavola rotonda, “Le iniziative delle Chiese e della società civile per una finanza responsabile e per il controllo degli armamenti”. Gli ospiti hanno raccontato le proprie esperienze principalmente nel campo della finanza etica: Tommy Piemonte, responsabile sostenibilità di Bank für Kirche und Caritas – Germania, banca cattolica che ha come cliente solo organizzazioni cattoliche che lavorano in campo sociale e Maaike Beenes, di PAX OLANDA, organizzazione interconfessionale di cattolici e protestanti che guida il progetto di disinvestimento di fondi verso compagnie che producono armi nucleari, hanno sottolineato come sia importante che i cittadini facciano pressione sulle compagnie che producono e esportano armi attraverso gli strumenti finanziari: «quando metti i tuoi soldi in una banca – ha detto Maaike Beenes – fai una scelta e puoi decidere. Quindi è importante seguire i propri valori e principi. E’ questo ci da la possibilità di dire la nostra».
Kiflemariam Gebrewold, senior advisor del “Peace & Ecumenical Program” delle Chiese Protestanti del Baden – Germania, ha illustrato il funzionamento della Rheinmetall, azienda tedesca che possiede RWM Italia. Rheinmetall ha due grandi produzioni all’estero, in Sud Africa e in Italia che hanno un’esportazione che è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni. Gebrewold ha contribuito alla discussione con dati su import ed export raccontando anche casi specifici e mettendo in evidenza l’importanza di lavorare insieme a livello europeo e portare avanti azioni di lobby congiunte a più livelli. Sul tema della riconversione ha sottolineato la necessità di tre elementi: volontà politica, fondi e mercato.
Lisa Clark, della campagna “Italia, ripensaci” partner italiana di ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) e Mayors for Peace, ha esposto le ragioni della campagna che chiede la ratifica da parte di tutti gli Stati del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari approvato all’ONU il 7 luglio 2017. «L’Italia – ha detto Clark – non ha ancora risposta alla richiesta di firma».
Don Renato Sacco, della campagna di pressione alle “banche armate”, ha sottolineato la responsabilità personale di ciascuno nel sostenere questi meccanismi attraverso la finanza: «è importante scegliere da che parte stare e anche i piccoli gesti lo dimostrano».
La giornata è stata conclusa da Claudio Paravati, direttore di Confronti, e Carlo Cefaloni del movimento dei Focolari.
Paravati ha messo in evidenza come «il movimento per la pace debba ricostruirsi insieme ad altri soggetti. L’utopia è una grande forma di realismo che ci indica il mondo che vogliamo realizzare», ha detto.
Carlo Cefaloni ha invece messo l’accento sulla consapevolezza e la responsabilità delle chiese tutte, che per molti anni hanno chiuso gli occhi su questa realtà: «è importante invece andare all’origine dell’economia disumana, che uccide. Siamo chiamati a ribaltare questa situazione. Dobbiamo andare a colpire i centri di potere e arrivare alle scelte politiche. C’è un altro mondo di stare al mondo e di incidere sulla nostra realtà».
*Fondazione Finanza Etica, Movimento Politico per l’Unità e Movimento dei Focolari, Pax Christi Italia, Rete Italiana per il Disarmo, Ufficio Nazionale per i Problemi sociali e il Lavoro e dall’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della CEI.