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La parola di Dio è come un fuoco

Un giorno una parola – commento a Geremia 23, 29

«La mia parola non è forse come un fuoco», dice il Signore, «e come un martello che spezza il sasso?»
Geremia 23, 29

Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti tremò; e tutti furono riempiti dello Spirito Santo, e annunciavano la Parola di Dio con franchezza
Atti degli apostoli 4, 31

Nei versetti tratti dal libro del profeta Geremia, il Signore sembra leggermente contrariato, o meglio: è proprio alterato; del resto, chi non si arrabbierebbe nel vedersi attribuire frasi mai dette e idee che non si approvano? L’irritazione dell’Eterno, però, era condivisa anche da Geremia, che non poteva condividere l’operato dei suoi «colleghi»; in gioco non c’era soltanto la sopravvivenza di Giuda come stato e come popolo, ma l’identità stessa del Signore.

Geremia era diventato un uomo di Dio suo malgrado; la sua Parola gli giungeva inaspettata ed era il primo a essere sconvolto; alzarsi ed esclamare: «Così dice il Signore…» lo prostrava; non era ciò che i suoi concittadini volevano ascoltare (in primis il re), eppure doveva dirlo: sapendo benissimo di rischiare la vita.

Gli altri profeti, invece, che erano alle dirette dipendenze della corte e del tempio (erano quelli «istituzionali»), non avevano alcun problema nel riferire i vari oracoli; erano ciò che il sovrano di Giuda e i vari notabili (compresi quelli religiosi) speravano di udire: l’Eterno interverrà e Babilonia non prevarrà; sappiamo come è andata…

Mentre Geremia era al servizio di un Dio libero e imprevedibile, che lo sorprendeva e quasi gli faceva violenza con la perentorietà dei suoi propositi, nel caso dei veggenti «ufficiali», la sorpresa era del tutto esclusa perché era il Signore a essere al servizio dei profeti; Dio dovevafare quanto ci si aspettava da lui! – Suona familiare?

Se scorriamo i libri di storia, ma anche solo se ci concentriamo sul secolo appena concluso, i casi in cui uomini (e donne) di Dio hanno parlato in proprio, anziché ispirati da lui, sono drammaticamente numerosi. Il nome impronunciabile è stato pronunciato fin troppe volte per dare un valore ultimo a idee, decisioni e battaglie che il Dio tre volte santo non avrebbe mai approvato; dalla persecuzione degli ebrei nella Germania nazista all’apartheid in Sudafrica, quanti reverendi ecclesiastici esclamarono: «Dio lo vuole!»? Quanti, ancora, lo fanno: «Prima… Noi!»?

Perciò, l’annuncio che la parola del Signore è come un fuoco e come un martello che spezza il sasso (Ger. 23, 29) è certo sempre da accogliere con timore e tremore, ma anche con fiducia: «Nel misfatto del malvagio c’è un’insidia; ma il giusto canta e si rallegra» (Prov. 29, 6).

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