L'anniversario della Riforma ha portato nuovi legami fra le Chiese
09 maggio 2018
A colloquio con il pastore Heiner Bludau, rieletto decano a conclusione del Sinodo della Chiesa luterana in Italia
A conclusione del Sinodo della Celi, abbiamo rivolto alcune domande al pastore Heiner Bludau, che è stato rieletto decano.
– Il tema del Sinodo era «Quo vadis, Celi»: in che cosa la Chiesa luterana, come le altre chiese protestanti in Italia, è in questo 2018 più ricca, dopo le celebrazioni dell’anno scorso?
«È vero, il 500° anniversario della Riforma ci ha arricchiti in tanti modi: Anzitutto si sono stabiliti nuovi contatti e legami, perché sono arrivate tante richieste di tenere conferenze o lezioni su Lutero o la Riforma, e dagli incontri si sono sviluppati anche rapporti permanenti. Questi incontri hanno anche acuito il nostro profilo come Chiesa luterana. In Germania sono mai stato così cosciente di essere un luterano, come invece posso verificare qui in Italia. Ma questo non significa certo costruire la propria identità contro le altre chiese. Al contrario, abbiamo celebrato la Riforma insieme con le altre chiese protestanti e in questa collaborazione siamo arrivati a un nuovo, superiore livello: anche questo ci ha arricchito tanto. E senza dubbio i convegni insieme con la Chiesa cattolica romana gli altri incontri a livello ecumenico sono stati molto importanti».
– I problemi economici condizionano l’attività delle chiese, e qualche volta le obbligano a ridurre le loro attività: quali i «punti forti» della vostra testimonianza e del vostro servizio, e quali le rinunce necessarie?
«I punti più forti per me sono due: in primo luogo cerchiamo di trovare modi per realizzare il messaggio del Vangelo nelle nostre comunità, nella quotidianità dei nostri membri. Non è semplice. La vita “secolare” non invita a farlo. Dobbiamo ricominciare sempre di nuovo, perché il vangelo è un dono e un compito. Ma poi questo non riguarda soltanto i membri di chiesa. L’annuncio del Vangelo riguarda tutti, a noi è richiesto di testimoniare il Vangelo al mondo, e di questo compito fa parte la diaconia. Anche qui dobbiamo sempre trovare i modi adatti, e questo ha a che fare anche con le finanze. Abbiamo deciso di trasferire la gestione della nostra scuola Santa Maria La Bruna a una associazione professionale che già gestisce altre scuole a Napoli e dintorni. È stata una decisione difficile e dolorosa, perché si tratta di un progetto che esiste già dagli anni ‘50. Ma la relazione tra le nostre spese e la nostra missione non è stata più convincente. Vogliamo usare gli soldi per altri progetti. E abbiamo capito, che se cominciamo buoni progetti, come quelli relativi ai «dublinati», possiamo ricevere anche soldi da altre Chiese e istituzioni. Il Fundraising è stato un tema importante durante questo Sinodo».
– Nel corso del Sinodo è stato evocato il clima di crescente secolarizzazione, come per esempio in Scandinavia: quali parole devono cercare i protestanti oggi per raccontare la loro fede ai nostri contemporanei?
«È una buona domanda a cui mi piacerebbe dare una risposta chiara. Non è facile trovare queste parole. Io penso che le Chiese insieme debbano dare una testimonianza comune: dobbiamo chiudere la lotta tra le Chiese e invece testimoniare il Vangelo insieme. Le differenze tra noi non devono essere nascoste. Per gli uni forse la Chiesa cattolica è la chiesa più vicina, per altri i valdesi sono la scelta giusta e alcuni forse trovano la loro casa tra noi. Una caratteristica dei luterani in Italia è che ci sono anche i tedeschi: non parliamo solo Italiano ma anche tedesco, ma questo non deve essere un ostacolo. Vogliamo essere aperti per tutti, e se arrivano svedesi o finlandesi parleremo anche inglese. Il mio sogno consiste nel non avere anzitutto un identità tedesca o italiana o di qualsiasi altra nazionalità, ma avere un identità cristiana. Ma so anche che la propria identità nazionale e culturale per tanti è molto importante. Quindi si deve trovare una linea media tra identità nazionale e identità cristiana».
– Nel vostro Sinodo molta attenzione è riservate alle liturgie e alla musica nei vari momenti della giornata, c’è di questo una motivazione profonda...
«Non siamo legati al 100% a una liturgia particolare, anche se ammetto che orientarsi alle liturgie tradizionali è una per noi importante. La preghiera di mezzogiorno quest’ anno, un breve momento di silenzio con un canto e una preghiera dall’Innario si iniziava e chiudeva con un gong, che normalmente si sente più spesso in una meditazione buddhista. Ma per me, guardare l’accensione di una candela e udire questo gong aiuta a fare un piccolo break e ricordare che non siamo noi i signori della nostra chiesa ma che c’è un altro Signore. In particolare le preghiere all’inizio del giorno e alla sera sono state molte belle. Abbiamo invitato i nostri ospiti a tenere queste preghiere con noi: sono state tutte non soltanto molto profonde e spiritualmente ricche, ma hanno fatto parte in un certo senso anche del dialogo. Gli ospiti dalla Germania hanno trovati modi per comunicare in Italiano, sia con l’aiuto di Italiani della nostra chiesa sia usando il nostro Innario bilingue, che contiene schede per il Mattutino e il Vespro. Per me è stata una esperienza molto creativa. Ma anche i valdesi hanno culti e preghiere durante i Sinodi. E non siamo così lontani gli uni dagli altri. Il prossimo giovedì a Torino battisti, valdesi, avventisti e noi luterani celebriamo un culto in occasione dell’Ascensione e per me è sempre una gioia preparare un culto insieme. La cosa più importante è che le proprie tradizioni non diventino più importante dell’orientamento al compito di lodare insieme il Signore ascoltando la sua Parola».