Quale intelligenza aspettarci dalle macchine?
23 aprile 2018
Riflessioni su un futuro non troppo lontano
Da un po’ di tempo ci si imbatte in parole seguite da un numero e uno zero: a esempio VITA3.0 Ho saputo che il numero rappresenta il livello, il grado di capacità, potenza e velocità di calcoli cui si è giunti nel campo informatico, in particolare quello dell’Intelligenza artificiale (AI). Si dice anche, per un determinato programma, per i computer, che siamo alla seconda o terza o decima generazione.
In un recentissimo saggio scritto in un linguaggio accessibile a tutti (*) il professor Max Tegmark, presidente del Future of life institute (Istituto sul futuro della vita) ci immerge nel mondo delle possibili macchine robot, della crescita e della disoccupazione, del probabile aumento della criminalità e della produzione di armi, della sostituzione di uomini con le macchine, con l’inevitabile progressiva perdita di reddito. E ancora in altri interrogativi importanti: come preparare i bambini a vivere in questo possibile mondo, nel quale è assai probabile che l’intelligenza sia in grado di fiorire (?) come mai prima d’ora, ma anche di darci un potere più grande di quello che siamo in grado di controllare?
Torniamo ai numeri che contraddistinguono le diverse fasi della vita. La prima è quella degli organismi più semplici (1.0). Le loro caratteristiche fisiche e il loro comportamento (che in informatica si chiamerebbero hardware e software) sono fissati dalla biologia. Questi esseri si limitano a riprodursi e i mutamenti richiedono lunghi periodi (è la teoria dell’evoluzione).
La vita 2.0 è la nostra. È vero che il Dna richiede tempi lunghissimi per evolversi, ma in poche ore possiamo modificare il nostro software (la cultura) scambiando conoscenza con gli altri.
La vita 3.0, di cui parla il libro, è quello dell’Intelligenza artificiale, che può progredire moltissimo con più memoria e rapidità di calcolo. Per persone semplici e ignoranti in materia, come siamo in molti, l’intelligenza è qualcosa di misterioso che può esistere soltanto negli organismi biologici in particolare quelli umani. Ma per un fisico l’intelligenza è soltanto un certo tipo di trattamento delle informazioni, consentito da un certo numero di particelle elementari. Nessuna legge fisica impedisce la creazione di una intelligenza artificiale che ci supera in tutto: anzi, a differenza di quella biologica, essa non è costretta ad aspettare che la selezione naturale operi su cambiamenti prodotti dal caso, perché è indirizzata già dall’inizio verso la massima efficienza. Per questo le macchine intelligenti potranno evolversi a ritmi vertiginosi: saranno infatti loro stesse a riprodursi (cioè a costruire le successive versioni 2.0, 3.0….10.0) sempre più veloci, sempre più capaci di gestire quantità enormi di dati, con sempre meno difetti). Per fare un solo esempio: tramite l’AI sono già stati prodotti film di discreta qualità, facendo «leggere» alla macchina centinaia di trame di altri film, di scene, di critiche e di recensioni, e rendendo possibile la realizzazione autonoma da parte della macchina di un nuovo film, ovviamente a costi bassissimi che porterebbe stravolgimenti sul mercato degli altri prodotti «tradizionali». Se dai film (e dalle reti televisive e notiziari...) ci spostiamo su mercato globale, finanza, operazioni bancarie ecc., possiamo intravedere la rivoluzione che ci aspetta… e la quantità di soldi che alcuni potranno guadagnare, mentre i moltissimi ne avranno meno di adesso. Del resto il sogno di dominare il mondo, il desiderio maniacale di possedere l’arma superiore e decisiva è argomento diffuso in centinaia di film..., dal famoso mappamondo che Charlie Chaplin – Hitler si tiene con adorazione fra le braccia... [«il grande dittatore», 1940, ndr] ai tanti pulsanti «ON» delle armi e dei gas che aspettano di essere premuti...
Non posso ovviamente addentrarmi oltre nel libro, ma termino con due commenti. Il primo: non sarebbe il caso che la politica (già ritenuta importante quando almeno discute sull’Europa e non si limita a informarci quotidianamente sui bisticci tra Salvini, Di Maio, Berlusconi) si misurasse sul futuro mondo che si delinea, sui nuovi poteri e sulla crescente inutilità degli Stati, delle frontiere e dei permessi di soggiorno? Nei programmi dei partiti e fra le cose che sembrano avvincere l’interesse del pubblico televisivo non mi sembra ci sia traccia del mondo in cui ci immerge il libro di Max Tegmark. Fa pensare alle battaglie dei «verdi» e degli ambientalisti, spesso tacciati negli anni ‘60 di catastrofismo, e alla qualità dell’aria che ci ritroviamo ora, alla devastazione del territorio, agli eventi climatici estremi, con il loro seguito di migrazioni di interi popoli… Tutto previsto, annunciato ma ignorato o sottovalutato… con le conseguenze di oggi e di domani…
Il secondo commento riguarda le chiese, anche le nostre, e più in generale le religioni. Sembra che nell’essere umano interessino, dal punto di vista dell’etica e della fede, soprattutto l’inizio e la fine della vita: come mai? Non ci sono questioni «eticamente sensibili» nel corso della vita? Non è forse nel pieno della vita che non siamo soltanto «Intelligenze umane», ma anche persone, storia cultura, identità, memoria, affetto... Che cosa dice la Commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi?
Per tutto il corso della vita umana si impara per tentativi e per errori. Abbiamo scoperto il fuoco, ma abbiamo anche inventato l’estintore e il controllo degli incendi (non sempre riuscito per mancanza di mezzi…) Con AI, sostengono quelli che ci lavorano, non ci potremo permettere questo lusso. Ad esempio si potrebbe affidare all’intelligenza artificiale il compito di curare il cancro. Per questo fine la macchina dovrà preservare se stessa, acquisire tutte le risorse necessarie e aumentare la propria conoscenza del mondo. Quest’ultimo punto potrebbe far uscire le macchine, divenute troppo intelligenti, dal nostro controllo e portarle a giudicare che gli obiettivi che abbiamo dato loro sono insensati o sbagliati. E quindi ignorarli…