Riconoscere i bisognosi
07 marzo 2018
Un giorno una parola – commento a Geremia 31, 8
Ecco, io li riconduco dal paese del settentrione, e li raccolgo delle estremità della terra; tra di loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e quella in doglie di parto; una gran moltitudine, che ritorna qua
Geremia 31, 8
Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato, e compiere l’opera sua. Non dite voi che ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ebbene, vi dico: alzate gli occhi e guardate le campagne come già biancheggiano per la mietitura»
Giovanni 4, 34-35
I profeti possono anche dire cose positive. Possono annunciare il giudizio e la sofferenza, ma i profeti possono anche accompagnare il loro popolo nel bene e nella gioia. Nel libro del profeta Geremia non ci sono solo le pagine che toccano il fondo abissale di un’esistenza umana, ma ci sono anche i tre capitoli (30-33) della consolazione. Non solo demolire, ma anche ricostruire, non solo sradicare, ma anche piantare. Anzi, ricondurre, raccogliere, ritornare dalla catastrofe dell’esilio babilonese.
Erano stati deportati settant’anni prima, non tutti gli abitanti d’Israele, ma solo la «classe dirigente», i «notabili» del popolo. Hanno dovuto affrontare l’esperienza dei profughi, degli sradicati. Hanno scoperto che le loro radici sono nel cielo, in Dio.
Ora il profeta, in mezzo a questa moltitudine reduce di questa esperienza, ci fa notare altre (singole) persone: il cieco, lo zoppo, la donna incinta e quella in doglie di parto. Persone che hanno bisogno di altre persone, di profeti, cioè di coloro che le notano e le accompagnano. Saranno loro i (e le) notabili, la classe dirigente che dirige i passi del popolo di Dio con l’autorità della voce di chi ha bisogno.
Anche Gesù metterà sul trono decisivo uno di questi suoi fratelli, una di queste sue sorelle, che Geremia aveva cominciato a farci notare.