Eutanasia e suicidio assistito, «Una prospettiva protestante»
25 gennaio 2018
Intervista al pastore William Jourdan, membro della commissione bioetica nominata dalla tavola Valdese. Domani appuntamento pubblico a Villar Perosa
La commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi ha prodotto il documento È la fine, per me l'inizio, una prospettiva protestante sui temi dell'eutanasia e del suicidio assistito.
Un titolo che contiene parole con un significato profondo, perfettamente allineate ad un lungo dibattito che non solo la società, ma anche le nostre chiese, porta avanti da anni.
Il secondo circuito delle chiese valdesi organizza per venerdì 26 gennaio, nel convitto della chiesa di Villar Perosa, una serata di dibattito su questo tema. Parteciperà il pastore valdese William Jourdan, anche membro della commissione bioetica nominata dalla tavola valdese.
A lui abbiamo chiesto un'analisi del concetto, partendo proprio dai termini utilizzati nel titolo del documento.
L'attenzione si sofferma subito sull'articolo indeterminativo, "una" prospettiva protestante. Che significato assume?
«L'intenzione della nostra commissione non era quella di proporre riflessioni assolute ed infallibili, bensì una modalità specifica di affrontare il tema dell'eutanasia e del suicidio assistito. Abbiamo lavorato nella consapevolezza che intorno a queste tematiche, anche nell'ambito delle chiese protestanti, possano esprimersi posizioni tra loro molto differenti, articolate da percorsi di riflessione».
Sono temi che a volte sono compresi con poca chiarezza, prevedono una conoscenza tecnica dei termini e una distinzione di argomenti molto definita.
«Si, credo che molto spesso si tenti di dribblare l'ostacolo, anche linguistico, per evitare parole che possono sembrare molto dure e spiacevoli. Il tema che questo documento della commissione bioetica affronta è direttamente quello dell'eutanasia volontaria o del suicidio assistito. Ovvero, la richiesta esplicita, che viene volontariamente da parte di una persona che chiede di essere aiutata a morire. Un orizzonte di pensiero molto diverso rispetto alla discussione sul "lasciar morire", cioè la scelta di non ricevere determinati trattamenti sanitari o di vedere sospese cure. Nel primo caso stiamo parlando di qualcuno che chiede che venga fatto un gesto che anticipa la morte, nel secondo si chiede di non continuare con trattamenti che continuano a posticipare la morte».
Il dibattito su questi temi non è uniforme all'interno delle nostre chiese. Ancora più dialettica si trova nel confronto con posizioni delle chiese europee.
«Il nostro documento ha cercato di confrontarsi con la posizione della Comunione delle Chiese Protestanti in Europa, che pochi anni fa ha prodotto un documento intitolato Un tempo per vivere, un tempo per morire. In questo volume ci sono aspetti che ci trovano in accordo pieno, e alcune affermazioni rispetto alle quali invece abbiamo espresso delle opinioni parzialmente differenti. L'intento è di andare ad aggiungere una voce di ulteriore riflessione al percorso delle chiese europee».
La chiese valdesi, metodiste, battiste sono invitate a visionare, approfondire e discutere il vostro documento. Nell'incontro di venerdì sera a Villar Perosa, su quali filoni condurrà la riflessione?
«Cercherò di spiegare quali sono le ragioni principali del dissenso di cui parlavo prima. Una delle questioni fondamentali che divide la prospettiva della Comunione delle Chiese Protestanti in Europa da quella espressa dalla nostra commissione bioetica, è la distinzione fondamentale tra uccidere e lasciar morire. Noi concordiamo sul fatto che ci sia una distinzione enorme tra i due concetti, ma ci siamo posti la domanda critica: questa distinzione deve essere sempre mantenuta in ogni situazione? Ci siamo chiesti se non ci possano essere dei casi limite in cui la richiesta di anticipare la propria morte non possa essere considerata come conforme ad un percorso di vita.
Stiamo parlando della "misericordia": in determinate situazioni, in una specificità davvero molto limitata, la pratica dell'eutanasia a fronte di una richiesta volontaria di un soggetto cosciente e consapevole, secondo noi può essere compresa come un atto di beneficenza, di cui ci si fa carico nel momento in cui non ci sono più altri tipi di risposte».
Rimane una domanda aperta, una discussione ancora viva, su temi che coinvolgono emotivamente ognuno e ognuna di noi. D'altronde è una prospettiva protestante, che si mette in dialogo con altre visioni.
L'incontro con il pastore William Jourdan avrà luogo venerdì 26 gennaio, alle 20,45 nel convitto della chiesa valdese di Villar Perosa, in via Assietta 4.