Il 16 novembre, in un messaggio inviato alla Pontificia accademia per la vita, papa Francesco è tornato sull’argomento del fine vita: citando alcuni suoi predecessori, (come Pio XII e Giovanni Paolo II) ha condannato l’accanimento terapeutico, che equivale anche a “non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l’uso”. Una svolta, come hanno detto molti quotidiani nei giorni successivi? Non proprio. Almeno non secondo tre punti di vista diversi, riassunti in questo video. In particolare quello di Luca Savarino, professore universitario e Coordinatore della commissione Bioetica della Tavola Valdese, quello di Don Massimo Angelelli, Direttore dell'Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Conferenza Episcopale Italiana e quello di Fulvio Ferrario, pastore valdese, ordinario di Dogmatica e discipline affini presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma, della quale è Decano.
Nel documento, Francesco ha distinto il ragionamento sul fine vita e la centralità della persona dal discorso dell’eutanasia, sempre e comunque negata. «Dal punto di vista concettuale la distinzione a cui fa riferimento Francesco e gran parte del mondo protestante è quella tra uccidere o lasciar morire – dice Luca Savarino – è sempre lecito sospendere i trattamenti, poiché alla morte del paziente la responsabilità è ascrivibile alla malattia e non al medico».
La centralità del paziente e l’attenzione alla sua opinione sono la novità di questo atteggiamento, secondo Don Angelelli: «L’istituzione del Servizio per lo sviluppo umano integrale è la vera svolta. Nella logica cattolica, di promozione integrale della persona, nessuno in nessun caso né momento può e deve sentirsi uno scarto, è al centro dell’attenzione, sempre e comunque».
Sul peso della “svolta”, Ferrario ricorda che «senza togliere nulla alla carica innovatrice di Francesco, per correttezza nei confronti di tutti, bisogna resistere a questa ondata per cui a ogni secondo il Papa fa qualcosa di storico e continua a svoltare. Francesco sottolinea sempre gli aspetti di continuità con il suoi predecessori».
Nel frattempo giace in Parlamento la proposta di legge per regolamentare in modo chiaro le dichiarazioni anticipate di trattamento, il cosiddetto “biotestamento”.
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