È bene aspettare in silenzio la salvezza del SIGNORE
Lamentazioni 3, 26
Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché fedele è colui che ha fatto le promesse
Ebrei 10, 23
Attesa, silenzio: chissà, dopo aver letto queste parole stamani entreremo nel traffico di una città caotica, assordati dal frastuono del quotidiano. Ci sentiremo magari come tanti soldatini di piombo, costretti da ritmi imposti da altri che ci devastano l’anima e impediscono di apprezzarci come meritiamo. Attesa, silenzio evocano un respiro di vita ormai tristemente scomparso dal nostro orizzonte, la nostalgia per un prato innevato, magari cullati dal rumore costante di un ruscello di montagna, o il ritmico suono dei campanacci delle mucche. Eppure anche quel mondo idilliaco implica la fatica di aprire stradine nella neve a colpi di pala, il ruscello può trasformarsi in vortice impetuoso che travolge quel che trova sul suo cammino, pastorizia significa mungere e preoccuparsi della qualità del latte. Attesa e silenzio non sono valori di per sé, possono diventare alienanti come il perfetto e sterile canto gregoriano, sempre uguale a se stesso come se il mondo di fuori non esistesse. L’attesa silenziosa a cui ci chiama la Bibbia non è ricerca di una mistica pace interiore: è scoperta che la salvezza viene dal Signore. Viene: non è qualcosa a cui possiamo correre incontro, magari con qualche sofisticata tecnica di meditazione. Dal Signore, da Dio che si è talmente appassionato alla nostra sorte di piccoli esseri umani da entrare nel clamore della storia in Gesù. Che non ha avuto paura di nascere come fragile neonato nella confusione della Palestina del suo tempo, che da adulto ha scelto di confrontarsi con la folla che gridava in favore di Barabba. Che non è stato assordato dagli insulti dei soldati sulla croce, né da quelli del ladrone malvagio che lo provocava, ma che ha sussurrato al ladrone buono «oggi sarai con me in paradiso». Se aspettiamo la salvezza che viene dal Signore, anche il frastuono del traffico della città può essere un inno a Dio, cantato da un’umanità composta di persone tutte ugualmente amate da Dio.