Il 12 aprile è entrato in vigore il decreto legge 14 su “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città” che prevede, sostanzialmente, il rafforzamento del potere di ordinanza dei sindaci per implementare la sicurezza urbana e dei territori. All'interno di questo ambito, si inserisce anche la lotta alla prostituzione, per la quale alcuni primi cittadini in diverse parti d'Italia hanno introdotto multe salate ai clienti come deterrente al fenomeno. Parlando di prostituzione e tratta in generale «la situazione è peggiorata, molte ragazze che sono arrivate sono minorenni e soprattutto molte sono vittime della criminalità organizzata – racconta Vivian Wiwoloku, presidente dell'associazione Pellegrino della Terra, che lavora con le donne immigrate vittime della tratta e dello sfruttamento sessuale – molte ragazze che ora sono nei centri di accoglienza, in realtà sono vittime della tratta. Ieri una ragazza è venuta da noi raccontando che le sue protettrici, una qui e una in Nigeria, gli hanno detto di scappare dal centro, altrimenti uccideranno i suoi genitori in patria».
La situazione non riguarda soltanto l'Italia, perché i collegamenti criminali sono in rete anche in Libia o in Nigeria: «arrivare a chi c'è dietro al traffico è molto difficile, perché sono sempre in collegamento e le ragazze non sanno nulla nello specifico di chi le ha portate fino qui» continua Wiwoloku.
Le ragazze costrette a prostituirsi sono esclusivamente vittime della tratta?
«La maggior parte sono costrette a prostituirsi dalle organizzazioni criminali, però ci sono situazioni di fragilità delle ragazze che le portano a prostituirsi. Loro spesso dicono di non trovare lavoro in Italia, e questo è un grande problema, anche per noi. Molti non hanno le conoscenze e entrano in questo giro, ma la maggior parte sono sfruttate. Le persone deboli, sono più facili da convincere a smettere e uscire, ma con le persone sfruttate è più difficile. Non solo, sono anche meno visibili di un tempo: sono in case chiuse, dunque più difficili da aiutare, per noi. A Palermo ci sono più di 30 case chiuse, per esempio».
Qual è il problema più grande per le associazioni che aiutano a uscire dalla prostituzione?
«Per noi il problema più grande è l'alternativa: il lavoro. Ecco perché noi cerchiamo di agire proprio sull'alternativa, ovvero di qualificare le ragazze per trovare occupazione. Cosa offriamo a queste ragazze in questo periodo di crisi? Vogliono uscire, ma l'alternativa qual è? I nostri progetti, finanziati dall'Otto per mille della Tavola Valdese, sono rivolti a questa alternativa, in modo che le ragazze possano trovare qualcosa da fare, con un tirocinio per migliorare la loro situazione e restituire loro dignità».
In generale il vostro lavoro è cambiato?
«Forse è più facile oggi trovare le nuove strategie da impiegare ogni giorno: grazie ai collaboratori e alle collaboratrici della nostra associazione e alle forze dell'ordine che li formano. Il mondo cambia ogni giorno, così come le organizzazioni criminali, dobbiamo adattarci. Oggi collaboriamo in Nigeria con associazioni che lavorano in loco, che possono andare con le forze dell'ordine per trovare i genitori delle ragazze o le persone che sono dietro al traffico. Da poco tempo c'è una legge in Nigeria contro questo traffico, ed è più facile lavorare anche per questo».
Immagino che per uscire non basti la volontà delle ragazze...
«Infatti, no, non è facile uscire: molte di loro hanno giurato, questo è il problema. Molte, prima di lasciare il loro paese, hanno promesso con un rituale voodo e questa credenza le vincola fortemente, creando molta paura. Ecco perché noi offriamo anche supporto spirituale alle ragazze, per limitare la loro paura. Il percorso da seguire è lungo a volte dura degli anni».