543 dipendenti, 80 volontari, gestione di molte strutture e attività, centinaia di progetti, dialogo con le comunità locali. La Csd, Commissione sinodale per la Diaconia opera sul territorio, dalle valli del Piemonte alla Sicilia, rendendo concreta la presenza e la testimonianza evangelica delle chiese valdesi e metodiste nei confronti di chi, a diverso titolo, vive momenti di difficoltà. Una grande macchina operativa, in continuo e dinamico rinnovamento, con sempre nuove specificità. Queste vanno ben comunicate e condivise con le chiese e le comunità locali, ha sottolineato una delle raccomandazioni emerse dai lavori del Sinodo valdese e metodista riunito a Torre Pellice, in maniera tale che anch’esse siano pienamente coinvolte e consapevoli di strumenti e possibilità.
La discussione in aula si è trascinata un po’ troppo a lungo su questioni più o meno tecniche e procedurali, che seppur importanti per una corretta lettura dei dati e per dissipare in tal modo qualsivoglia possibile accusa di poca trasparenza, hanno forse sottratto tempo all’analisi di temi e indirizzi più generali, come più volte sottolineato da vari delegati e dal presidente Csd Giovanni Comba: «Mi sarei atteso da questo Sinodo un’indicazione di orientamento generale, politico, di fronte alle tante sfide cui siamo chiamati, ai tanti tavoli cui dobbiamo sederci, in maniera tale da poter dire la nostra con la tutela di una fiducia sinodale».
La seconda parte della discussione si è concentrata su alcuni casi concreti, istruita dalla commissione d’esame, che ha visitato numerose delle opere gestite dalla Csd, rilevando senso di responsabilità, spirito di servizio, nonché l’impegno nella risoluzione di alcune tensioni e problemi. Di due istituti in particolare, oggetto dell’attenzione del Sinodo negli ultimi anni per le loro situazioni difficili, si è discusso in modo più approfondito: Casa Cares e la Casa di riposo di Vittoria.
La prima, struttura ricettiva nella campagna toscana entrata solo dallo scorso anno nella gestione della Csd (ne abbiamo parlato qui) ha realizzato importanti lavori di restauro, che in parte hanno ostacolato la capacità ricettiva ma al tempo stesso hanno portato un miglioramento. Nel frattempo la Casa ha gestito 19 persone accolte attraverso i Corridoi umanitari, non senza difficoltà, sia nella gestione della convivenza sulla base di un rapporto di fiducia, sia per i costi derivanti dagli spostamenti in auto necessari dato l’isolamento della struttura. Tra le proposte accennate brevemente da Giovanni Comba, oltre alla possibilità che i volontari di Casa Cares dedichino una parte del loro tempo anche ai migranti, un progetto legato alla cura dei disturbi alimentari, per cui la struttura sarebbe più adatta.
Per quanto riguarda la casa di riposo di Vittoria, il deficit in crescita e l’avvicendarsi di tre direzioni nell’arco di pochi anni hanno reso la situazione ancora più difficile. Lo scorso Sinodo auspicava la conversione della struttura a centro di accoglienza per migranti, e la realizzazione di lavori «di restauro e miglioramento». Non essendo sostenibili lavori ingenti, effettuando quelli indispensabili la Casa ha accolto più di cento persone fra minori stranieri non accompagnati, stranieri in gravi condizioni sanitarie, migranti inseriti nel sistema Sprar. Questa parziale riconversione, che la Csd ha giudicato percorribile, ha però comportato un cambiamento del personale richiesto, con la conseguenza di una serie di licenziamenti.
Gli ordini del giorno approvati dall’assemblea sono andati nella direzione di un sostegno alla Csd, in particolare al progetto di formazione sui «valori diaconali», dedicato ai suoi dipendenti, e ai progetti di terza accoglienza e accompagnamento dei migranti e rifugiati di ritorno (i “dublinati”), per i quali si è chiesto il sostegno anche da parte delle chiese.
In merito ai fenomeni migratori, il Sinodo ha ricevuto e inoltrato alla riflessione delle chiese un significativo documento a cura della Diaconia valdese. Francesco Sciotto, pastore e membro della Csd, ha sottolineato, nella conferenza stampa dedicata ieri al tema, come esso sia un “documento politico”, che tuttavia si apre con una riflessione teologica: «noi in primis, come persone che fanno parte di una minoranza religiosa siamo stati oggetto di persecuzioni, esilio, migrazioni forzate, allontanamenti. Le migrazioni sono un fenomeno globale, enorme e complesso, che non possiamo contrastare. Militarizzare le frontiere non crediamo sia la soluzione, accogliere è meno costoso, sia dal punto di vista sociale ma anche economico».