Una ricetta per fare fratellanza
26 luglio 2017
La rubrica «Finestra aperta», a cura della pastora Cristina Arcidiacono, è andata in onda domenica 23 luglio durante il «Culto evangelico», trasmissione di Radiouno a cura della Fcei
Questa mattina vorrei proporvi una ricetta che ho sperimentato di recente. Gli ingredienti principali sono: bambine e bambini di diverse provenienze; il canto corale; lo spiazzamento che accade ogni volta che un viaggio aiuta a vedere i pensieri da punti di vista diversi. Come avrete capito non si tratta di una ricetta culinaria, ma è dall’impasto dei suoi ingredienti che è scaturita la sorpresa dell’incontro.
Per cinque giorni il coro di voci bianche dell’associazione Studium Canticum di Cagliari è stato ospitato a Yvetot, in Alta Normandia, da un coro giovanile francese, la Maîtrise della Senna Marittima. Per qualche giorno il canto ha reso piccoli villaggi cuore di scambi internazionali e possibilità di costruzione di relazioni di amicizia. Mescolare bene gli ingredienti ha avuto bisogno di esercizio: la fatica della fiducia reciproca, dell’ascolto, il coraggio di mettersi in discussione di bambine e bambini dai 7 ai 12 anni, la curiosità di apprendere da parte di adulti ancora desiderosi di crescere. Ecco le spezie che hanno insaporito questa esperienza, inattese eppure necessarie.
Tra un concerto e l’altro il coro è stato accompagnato a visitare le località più significative della zona: tra queste Le Havre, famosa per il suo porto commerciale, dichiarata patrimonio dell’Unesco diversi anni fa. Le Havre celebra quest’anno il 500° anno dalla sua fondazione. Un compleanno ragguardevole e significativo, per una città che venne rasa al suolo dagli Inglesi, nel settembre 1944, quando Parigi era già stata liberata dall’occupazione tedesca, pochi giorni prima. Operazione Tabula rasa, 5000 vittime civili, una prova riuscita di distruzione, da parte di quelli che sarebbero stati «gli Alleati». Tutta la città testimonia di questo, a partire dai suoi edifici, possibilità data alla ricostruzione di dire qualcosa anche sul passato, affinché non venga ripetuto.
La chiesa di Saint-Joseph, distrutta anch’essa, è stata ricostruita come un faro, visibile dal mare, con la sua torre-campanile che svetta e saluta le navi in arrivo. All’interno, la tavola della celebrazione è al centro, le panche tutt’intorno: da essa parte una scultura che sale per tutto il campanile, a spirale, di carta lavorata, rossa, a simboleggiare lo Spirito. Chiesa come comunità di riferimento, che costruisce la speranza, anche e soprattutto quando sembra sepolta sotto le macerie.
In questa ricetta si mescolano odori e sapori di diverse generazioni. Un presente adulto, che, tra i villaggi della Normandia, sembra faccia fatica a vedersi plurale, tema il cambiamento e voglia difendere l’uniformità, e con essa anche le disuguaglianze: alle ultime elezioni il nazionalismo di Marine Le Pen ha raggiunto il 30% dei voti da queste parti. Un passato che chiede di essere trasmesso, approfondito, un passato di guerra in Europa che ha ucciso, distrutto, raso al suolo. E che vuole parlare anche al presente. Un futuro, che è già in atto nelle bambine e nei bambini che cantano insieme in diverse lingue: Cantiamo qui la prossima volta? Hanno chiesto dopo aver ascoltato la storia di Le Havre.
La ricetta è riuscita, al termine di questa esperienza ciascuna e ciascuno si è riconosciuto diverso da come era arrivato: vi invito a provarla, a sperimentare il lievitare della costruzione dell’amicizia, di una fratellanza che prende in carico la storia e le storie, che canta l’incontro e che celebra la differenza.