Una signora in carrozzella prima di salire sull’aereo confidava: «Morirò, sarà il mio ultimo volo». Una bambina aveva nello zaino la pagella della promozione da far vedere ai suoi. Un fisico nucleare tornava a Palermo dopo aver assistito alla laurea del fratello. C’erano anche loro dentro l’aereo di Ustica. Perché sono morti nel cielo alle ore 20,59 del 27 giugno 1980 quando il Dc9 dell’Itavia, volo IH870, è scomparso dagli schermi radar? Questa domanda, a trentasette anni di distanza, rimane senza risposta. Eppure atti, dichiarazioni, perizie caratterizzarono una gigantesca indagine giudiziaria che permise di ricostruire gli attimi, i nomi, le storie delle 81 persone, 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio che persero la vita, mentre a terra c’era chi dubitava, chi sapeva, chi ha taciuto e depistato.
Sono passati dunque trentasette anni dal 27 giugno 1980, quando il volo partito alle 20.08 da Bologna per Palermo, «misteriosamente», scomparve nei cieli tra Ponza e Ustica.
Processualmente la vicenda si concluse il 10 gennaio 2007: la Prima sezione penale della Corte di Cassazione confermò la sentenza di assoluzione, con formula piena, per i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri – all’epoca della tragedia rispettivamente capo e sottocapo di Stato Maggiore dell’Aeronautica – dall’accusa di alto tradimento: nessun colpevole, ad oggi, è stato individuato.
«Oggi 27 giugno e a trentasette anni dalla strage – ricorda a Riforma.it Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime di Ustica – abbiamo ribadito e chiesto, ancora una volta e con molta forza, che le istituzioni e il governo del nostro paese si attivino in maniera più chiara, decisa, per ottenere delle risposte. Non è più accettabile che nel nostro paese, essendo certi che sia stato abbattuto un aereo civile in tempo di pace, non si riescano a conoscere le responsabilità, gli autori, i nomi, di chi ha commesso tale atrocità. Oggi siamo certi che l’aereo civile è stato abbattuto; sappiamo con certezza che in quella notte erano in volo aerei americani, francesi, belgi e forse libici, oltre alla presenza di aerei inglesi, e ancora non riusciamo a sapere lo scenario nel quale sia potuto avvenire l’abbattimento del nostro volo di linea. Credo che questo sia un vulnus inaccettabile per la nostra dignità nazionale. Spero possa essere ancora d’interesse per i cittadini italiani, tutti, oltre a che a noi parenti delle vittime, che la parola fine, finalmente possa giungere e in tempi rapidi, e che si arrivi all’individuazione degli autori materiali. Confidiamo che questa tragedia possa finalmente essere consegnata alla storia, oggi è una macchia nera della nostra attualità».
Eppure, nel 2014, per i famigliari delle vittime di Ustica giunse un motivo di speranza quando, l’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi firmò a Palazzo Chigi alla presenza del sottosegretario con delega alla Sicurezza, Marco Minniti, la direttiva per la «desecretazione» degli atti relativi ai fatti di: Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna e il Rapido 904.
«All’inizio riponemmo speranza nella direttiva di Renzi, anche se eravamo consapevoli che potessero esserci difficoltà a reperire materiali utili per poter far luce su questa triste vicenda, oggi possiamo, purtroppo, affermare che da quelle carte, e a tre anni di distanza, non è emerso nulla di utile», conclude Daria Bonfietti, sentita da riforma.it poco dopo l’incontro commemorativo tenutosi questa mattina a Bologna e ospitato nella Sala del Consiglio comunale dal Sindaco di Virginio Merola.
«Trentasette anni dopo, c’è forse un’ultima possibilità di rompere il muro di gomma che ha nascosto le cause e i responsabili della strage di Ustica, e scoprire la verità inconfessabile che ha impedito ai familiari delle 81 vittime di avere giustizia – ha detto invece a riforma.it Andrea Purgatori, giornalista d’inchiesta che alla strage ha dedicato i primi importanti reportage e curato sceneggiature cinematografiche e televisive –. La Procura di Roma, che ha ricostruito, istante dopo istante, il volo del DC9 Itavia stabilendo, senza alcun dubbio, che l’aereo civile si trovò coinvolto e fu abbattuto in una azione di guerra in tempo di pace, sta seguendo una pista che potrebbe finalmente dare una nazionalità certa al caccia (ai caccia) responsabile di questa strage. Il sospetto che il DC9 si sia trovato al centro di uno scontro tra aerei francesi e libici rimane l’ipotesi più verosimile e su cui i magistrati stanno lavorando. Questa ipotesi – conclude Purgatori – è l’identico scenario reso noto dal presidente emerito Francesco Cossiga, poco prima della sua scomparsa e che proprio quel 27 giugno 1980 guidava il governo e teneva tre le sue mani gli strumenti necessari per sapere la verità sul più grave episodio di violazione della nostra sovranità nazionale».