In una lettera giunta in redazione e inviata all’attenzione del direttore, il deputato valdese Luigi Lacquaniti interviene in merito al «Pacchetto Minniti», il decreto legge 13 del 2017 in materia di immigrazione e una legge organica sulle misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, approvato in via definitiva lo scorso 12 aprile con 240 sì, 176 contrari e 12 gli astenuti dalla Camera dei Deputati.
Lacquaniti (Pd) ricorda: «l’approvazione da parte del nostro Parlamento del “Pacchetto Minniti”, che riforma profondamente la disciplina che negli anni il nostro Paese aveva affastellato per rispondere all’emergenza migratoria» possiede alcuni lati positivi, ad esempio: «chiude i Centri di identificazione e espulsione (Cie) e riscrive completamente la rete delle strutture chiamate ad accogliere e identificare queste persone in fuga». Positiva per Lacquaniti è anche «la semplificazione dei gradi di giudizio chiamati a definire, adesso con maggiore rapidità, lo status del migrante […] introducendo l’attesa novità dei lavori di pubblica utilità, che già molti Comuni hanno sperimentato autonomamente nei mesi scorsi».
Al di là di queste misure, per il deputato in varia misura condivisibili, il provvedimento però presenta un impianto discutibile e antiquato: «Quanto di buono il nostro Paese è riuscito a fare in questi ultimi anni in risposta al fenomeno migratorio – prosegue Lacquaniti – è costituito da un lato dall’organizzazione del Sistema di Protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e dall’altro dall’esperienza dei “Corridoi umanitari” con cui, a seguito di accordi con i Ministeri competenti, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), la Comunità di sant’Egidio e la Tavola Valdese, hanno avviato un vasto programma di soccorso internazionale, che prevede l’ingresso in Italia di famiglie e singoli in fuga e il loro accompagnamento in un programma quanto più personalizzato d’integrazione». Un programma, prosegue ancora Lacquaniti, «che comincia ad essere emulato anche all’estero». Il “Pacchetto Minniti” «non rinuncia a un programma di rimpatri, inteso, si badi, non come strumento residuale, bensì come risposta ordinaria e principale al fenomeno migratorio. Vorrebbe affrettare anzi i rimpatri, prevedendo addirittura di aprire strutture d’identificazione presso gli aeroporti. E la previsione di accordi bilaterali con i Paesi africani finalizzati a facilitare il rimpatrio e a favorire il reinserimento nei Paesi d’origine». Soluzioni poco convincenti per il deputato: «Non è sempre facile riconoscere, soprattutto nei Paesi dell’Africa subsahariana, istituzioni credibili con cui interfacciarsi, in un panorama dove corruzione e violenze e persecuzioni sono all’ordine del giorno».
I migranti, poi, sono persone e non numeri, una distinzione che il “Pacchetto” «proprio non riesce a fare. Considerare i migranti come delle persone – prosegue la lettera – imporrebbe fra l’altro, facilitarne l’integrazione […]. A distanza di un anno da Idomeni – conclude Lacquaniti, che nel suo preambolo citava la toccante visita fatta l’anno passato e proprio in questi giorni – ho ancora impressi nella memoria i volti di quei bambini. Non è inutile sentimentalismo ricordarlo, è la consapevolezza che i migranti sono persone».