Pochi giorni fa, a Passo di Treia, in provincia di Macerata, è stato inaugurato un modulo mensa attiguo all’Istituto scolastico “Arcobaleno”, donato al comune dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) grazie ai fondi raccolti dalla sottoscrizione lanciata il 24 agosto 2016 dopo il primo di numerosi terremoti che hanno colpito il centro Italia. Sono molti gli esempi simili a questo di interventi della società civile per restituire normalità e tranquillità alle popolazioni colpite dai terremoti da agosto a oggi.
Un altro esempio è quello delle Brigate di Solidarietà Attiva, una federazione di associazioni nate dopo il sisma dell’Aquila del 2009 che portano aiuto alle popolazioni in modo autonomo rispetto ai canali istituzionali. Dopo il sisma in centro Italia di agosto 2016 i volontari delle Brigate, giunti da tutto il paese, hanno portato il loro aiuto concreto nelle zone del cratere. Sabato 1 aprile hanno organizzato un’assemblea con i cittadini colpiti dalla tragedia, in concomitanza con il presidio davanti a Montecitorio di comitati che chiedono risposte allo Stato. Abbiamo parlato della situazione attuale e dell'incontro con Giuseppe Locatelli, volontario delle Bsa.
Un’assemblea del vostro gruppo o organizzata da voi?
«L'assemblea non era delle Brigate, ma organizzata da noi: questo è un particolare non indifferente. Siamo in quelle zone sin dal 24 agosto e da subito abbiamo cercato di stare vicino alla popolazione con un supporto materiale, umano e psicologico. Ma la nostra attività comprende anche la mobilitazione, come quella organizzata il 1 aprile, attraverso i presidi in 10 punti diversi del cratere e un presidio principale davanti a Montecitorio organizzato da due comitati spontanei, Quelli che il terremoto e La terra trema, noi no. Siamo scesi in piazza dopo questi mesi di attesa in cui è evidente che lo Stato ha dimenticato questi territori. La popolazione è esausta e sta cominciando a realizzare che probabilmente il proprio territorio non tornerà a essere quello che era prima. Si parla di rilancio turistico di quelle zone, di costruzione di luoghi commerciali o nuove scuole, ma il problema principale è che non c'è più la popolazione e la poca rimasta è messa a dura prova. Abbiamo deciso di scendere in piazza e stare vicino alla popolazione anche in termini di mobilitazione. Abbiamo partecipato ai presidi organizzati in tutto il cratere: lo slogan era noi con voi, spirito che ben rappresenta uno dei nostri punti di forza».
Oltre alla delusione e alla rabbia, quali sono gli argomenti più cari alla popolazione che incontrate?
«I temi riguardano soprattutto il lavoro: in quelle zone la situazione è quasi completamente bloccata, i pochi che hanno mantenuto il lavoro sono stati costretti a spostarsi altrove con i problemi conseguenti e non ci sono fondi strutturali per il sostegno al reddito di questi cittadini. Il secondo tema è quello abitativo: fino a oggi ad Amatrice sono arrivate 25 casette di legno assegnate per sorteggio dopo mesi di ritardo, cosa che lascia intendere che oltre i ritardi ci sia anche una mancanza di volontà politica di porre attenzione e rimedio al problema. Attualmente le persone sono in albergo o in roulotte e camper, altri ancora si stanno organizzando con container o casette mobili che riescono ad acquistare o ricevere in donazione, nonostante questa soluzione non sia ancora contemplata dalle ordinanze e rappresenti un abusivismo edilizio».
Quali altre attività vengono portate avanti in questo periodo?
«Abbiamo due campi base, uno a Norcia e uno ad Amatrice, dove ridistribuiamo le donazioni che riceviamo alla popolazione che può recarsi nei nostri spazi, altrimenti li raggiungiamo con le staffette, che sono riuscite a raggiungere tutte le 69 frazioni di Amatrice e tutte le frazioni di Norcia, permettendoci di avere una mappatura completa di questi territori. Abbiamo poi uno sportello legale, nato con il supporto di un gruppo di avvocati di AlterEgo, che a cadenza mensile sale nei nostri campi per incontrare la popolazione. Nel Fermano, a Colli del Tronto o nel Maceratese, portiamo avanti gli stessi servizi senza però un campo fisico strutturato».