La farina nel vaso non si esaurì, e l’olio nel vasetto non calò, secondo la parola che il Signore aveva pronunciata per bocca d’Elia
I Re 17, 16
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Luca 11, 3
Nella preghiera insegnata da Gesù ai discepoli, dopo le lodi di Dio c’è subito una richiesta per tutti noi, è una richiesta «materiale» – il pane – l’unica di tutta la preghiera, ad indicare che senza potersi alimentare non è possibile la vita. E questa è la terribile esperienza di tutti coloro che – ieri come oggi – hanno dovuto patire guerre, carestie, persecuzioni.
Ma il «pane» è anche il nutrimento spirituale – il «pane della vita» –senza il quale nessun umano nemmeno può vivere, perché si riduce a un bruto. Questa, ad esempio, è l’esperienza-limite della prigionia: nei lager, ricordano i superstiti nei loro terribili racconti, bisognava sforzarsi giorno per giorno, minuto per minuto, di non abbandonare un minimo di cura di sé e dell’altro, la dignità dolente di ricordare che «questo è un uomo», o una donna, o un bambino. La stessa attenzione che dobbiamo oggi contro l’istintivo egoismo che fa chiudere gli occhi a tanti rispetto ai profughi dei barconi, affamata e assetata carne umana nel contrabbando dei negrieri di morte. Questa è la «tentazione» dell’oggi.
E intanto a noi, popoli dell’Occidente, che pane quotidiano viene servito? È il pane dei falsi miti delle auto di lusso, dei profumi costosi e degli abiti firmati, delle prelibatezze di grandi cuochi, della bellezza patinata e indistruttibile di modelle e modelli eternamente giovani. La sofferenza, la malattia, la morte, esperienza quotidiana di ognuno di noi, è ignorata, allontanata, rimossa. Anche questa è la «tentazione» dell’oggi, del cui allontanamento Gesù insegna di pregare il Padre.