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Il diritto di cantare

Comincia domani la settimana per i diritti umani promossa dal Dipartimento di evangelizzazione dell’Unione battista

Domani inizia la settimana di evangelizzazione per i diritti umani promossa dal Dipartimento di evangelizzazione (De) dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi). Da tale data, che coincide con la morte del pastore battista Martin Luther King, fino alla domenica successiva, 9 aprile, il De – come si legge nella lettera circolare inviata a tutte le chiese – «offrirà degli spunti per condurre riunioni di preghiera, condividere meditazioni e proporre animazioni che aiutino le comunità a far risuonare la Parola dell’Evangelo laddove c’è bisogno, andando a curare nel nome di Gesù le piaghe che affliggono la nostra società».

Sarà disponibile online diverso materiale liturgico che si potrà scaricare dal sito del Seminatore (ilseminatore.wordpress.com). Esso seguirà il filo rosso del canto per affrontare diverse tematiche inerenti i diritti umani: i diritti delle donne; la libertà religiosa; il diritto dei bambini al gioco, alla gioia e alla vita; la dignità del lavoro; i diritti delle persone affette da disabilità e il diritto del creato.

«Il punto di partenza di questo nostro itinerario – scrive il pastore evangelista Ivano De Gasperis, segretario del De – è offerto da una struggente poesia di Quasimodo che, com’è noto, ricalca i versi del Salmo 137: «Ai salici delle sponde avevamo appeso le nostre cetre. Là ci chiedevano delle canzoni quelli che ci avevano deportati, dei canti di gioia quelli che ci opprimevano, dicendo: “Cantateci canzoni di Sion!”. Come potremmo cantare i canti del Signore in terra straniera?».

Il senso di questi testi è chiaro, davanti allo scandalo della negazione di ogni più elementare diritto umano la voce “dei figli e delle figlie del Canto” tende ad affievolirsi, fino a tacere. Di fronte alle tante sfide globali e, a 500 anni dalla Riforma, alle delusioni dovute a una fede fin troppo poco incisiva, non saremmo tentati anche noi di appendere i nostri strumenti “alle fronde dei salici”?».

Eppure – prosegue De Gasperis – «Dai campi di cotone, fino alle marce condotte da King, i servi e le serve del Signore cantano sperando contro speranza. Canta il balbuziente Mosè (donando speranza agli schiavi oppressi), canta la giudice Deborah (donando forza alle donne umiliate), cantano Paolo e Sila in prigione (regalando libertà ai prigionieri), cantano i bambini che gridano Osanna (offrendo gioia a chi si vede la propria infanzia derubata), cantano al Dio dell’universo tutte le creature in cui v’è un alito di vita (reclamando il diritto alla vita di tutto il creato)».

Il messaggio è chiaro: la predicazione dell’Evangelo e il canto dei fedeli sono strumenti potenti che Dio ha posto sulle labbra del suo popolo per la liberazione degli ultimi.

Dunque, cantino i discepoli e le discepole del Risorto, non solo per loro stessi ma soprattutto per annunciare al mondo la buona notizia dell’Evangelo.

Immagine: via istockphoto.com

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