Mercoledì 8 marzo, alle ore 18, 30 presso la sala della chiesa valdese, via Marianna Dionigi 59 (Roma), la rivista Confronti organizza l’incontro «Di che genere è Dio? Un confronto tra teologhe cattoliche e protestanti». All’evento – che sarà moderato dalla giornalista Gianna Urizio – partecipano: Giancarla Codrignani, giornalista, autrice del libro «Tacete! Ma davvero? Se le donne potessero predicare»; Elizabeth Green, pastora battista, autrice del libro «Padre Nostro? Dio, genere, genitorialità»; Selene Zorzi, teologa, autrice del libro «Il genere di Dio. La Chiesa e la teologia alla prova del Gender». Alla pastora Green abbiamo rivolto alcune domande.
È grazie agli studi di genere che le donne (in primis) sono riuscite a smascherare l’ideologia patriarcale che ha plasmato la riflessione teologica cristiana. A che punto siamo oggi?
«Mi piace ricordare che gli attuali studi di genere sono frutto di ricerche portate avanti dalla seconda ondata femminista del secolo scorso. Tante volte si è detto che la storia delle donne è afflitta da una strana dimenticanza prodotta dal continuo tentativo del patriarcato di riprodursi. Nel secolo scorso le stesse teologhe femministe si meravigliarono a riscoprire la riflessione biblica e teologica già svolta dalle donne nell’Ottocento. Così, some si è detto tante volte, sembra che ogni generazione debba cominciare daccapo. Nel suo libro Il genere di Dio, ad esempio, Selene Zorzi spiega in modo esemplare lo stato attuale della questione soprattutto per quanto riguarda la teologica cattolica, offrendo un’ottima introduzione al tema per chi si trova ad affrontarlo per la prima volta. Tuttavia le piste di ricerche da lei proposte non vanno al di là di dove eravamo già una trentina d’anni fa. D’altronde, come cerco anche io di fare nel mio libro «Padre nostro?», probabilmente la Zorzi sta marcando il territorio da dove è ora di ripartire! ».
Dio non ha sesso eppure di Lui si parla usando categorie di genere. Come è descritto Dio nelle Scritture?
«La domanda dimostra l’importanza della distinzione tra sesso e genere per il discorso su Dio. Credo che possiamo dire che di fatto le Scritture non descrivono Dio. Vi è sempre qualcosa, un’immagine, un riflesso, un velo, una nube, del fumo, uno specchio oscuro che si frappone tra noi e la realtà divina. Proprio per questo c’è una molteplicità di modi di parlare di Dio e di evocare la sua presenza. Dio è sempre come qualcosa o qualcuno. Molte delle immagini usate sono di genere maschile o evocano il mondo patriarcale di allora (Dio come re, come giudice, come Onnipotente) ma altre sono di genere femminile (Dio come partoriente, come donna saggia, come chioccia) e altre ancora sono prese dal creato, come il vento, le fiamme, l’acqua e via dicendo. La stessa pluralità di generi letterari, parabole e narrativa, poesia e fiabe, per esempio, rimandano al fatto che Dio non può essere né descritto, né definito, né – tutto sommato – nominato. Il punto è se e come il linguaggio delle chiese riesca a riprodurre tale ricchezza senza ingabbiare la realtà di Dio in poche immagini di un unico genere, quello maschile».
Dio ci ha creati maschi e femmine, ma soprattutto ci ha fatto a sua immagine. Cosa vuol dire oggi?
«Dire che siamo fatti e fatte a immagine di Dio è il modo “teologico” di affermare che: prima di tutto ogni essere umano è dotato di ugual valore ed è portatore di pari dignità; in secondo luogo, che nessun essere umano è “neutro” ma sempre particolare, e che tale particolarità è inscritta in qualche modo nel proprio corpo; inoltre, che siamo creati e create per essere-in-relazione con Dio e gli uni con gli altri. L’espressione non vuole dire né che gli stereotipi di genere maschile e femminile abbiano un’origine divina né che il matrimonio tra un uomo e una donna sia la forma privilegiata di relazionalità umana».
L’incontro promosso da Confronti si svolgerà l’8 Marzo, festa delle donne che – stando alla cronaca quotidiana – sono ancora pesantemente oggetto di violenza e discriminazione. Quali sono la riflessione e l’impegno delle chiese evangeliche?
«Credo che la violenza maschile sulle donne sia uno dei temi riguardanti il discorso genere che riesca, in qualche modo, ad intercettare l’attenzione delle chiese. Questo, ancora una volta, grazie all’impegno delle donne e dei movimenti femminili, tra cui ricordiamo la Federazione delle donne evangeliche in Italia. Proprio a causa della dimenticanza di cui parlavo prima, le chiese – dopo una prima presa di coscienza – non hanno vigilato abbastanza sul nesso messo in evidenza dalle teologie femministe tra linguaggio cristiano, dominio maschile e violenza di genere. Alla fine di aprile (28 aprile – 1 maggio) il Movimento femminile evangelico battista (Mfeb) promuove un seminario di formazione per le donne che vogliono impegnarsi in questo senso; io auspico che tale impegno venga portato avanti dalle chiese come comunità di donne e di uomini. Nel nostro ambiente ci sono segni di una presa di coscienza maschile in questo senso che va ascoltata, approfondita e sostenuta. Dal momento che il genere non si declina solo al femminile ma anche al maschile, gli studi di genere sono una risorsa preziosa per un cammino… di questo genere».