Ritorna, o Signore, liberami; salvami, per la tua misericordia
Salmo 6, 4
Gesù si voltò, la vide, e disse: «Coraggio, figliola; la tua fede ti ha guarita». Da quell’ora la donna fu guarita
Matteo 9, 22
Gesù è sorpreso dall’audacia di una donna che aveva perdite di sangue. Non solo lo stato di impurità della donna, secondo le norme contenute nel libro del Levitico cap. 15, le impediva di accostarsi direttamente a Gesù, ma anche la condizione di inferiorità a cui era soggetta la donna nella società giudaica le impediva altrettanto di avvicinare Gesù con certezza che egli l’avrebbe trattata come un essere umano con pari dignità.
Ma, la donna infrange le “barriere” legali e sociali, toccando Gesù di nascosto. Il suo, non è un gesto disperato di chi non ha più nulla da perdere, ma un atto di fiducia nel potere di Gesù di guarire, infatti, ella pensava dentro di sè: “Se riesco a toccare almeno la sua veste, sarò guarita”. Ella è anche convinta che la legge sull’impurità non si applica a Gesù e che, toccandolo, egli non si sarebbe reso a sua volta impuro. Questa fede porta inevitabilmente a vedere in Gesù il Messia della promessa, condizione per ricevere la guarigione, che solo lui può dare.
Alla donna ferita nella carne Gesù si rivolge con dolcezza: “Coraggio, figliola; la tua fede ti ha guarita”. La parola di Gesù è, in primo luogo, una parola affettuosa e non paternalista. Gesù le garantisce che egli la considera come una persona degna di rispetto. In secondo luogo, richiede fiducia nella prontezza di Dio a salvare. Da tale fede nasce anche un’autentica fiducia in sé, poiché si è oggetto dell’attenzione amorevole di Dio.
Invitando alla fiducia, Gesù dimostra la volontà suprema di Dio di usare la sua misericordia nei confronti di una sua creatura sofferente, schiacciata dal peso della malattia e dell’esclusione sociale. Nell’antica simbologia, perdere il sangue aveva il significato di perdere la vita, Gesù restituisce la vita alla donna dal flusso di sangue, reinserendola nella società.