Il campo di Dio
21 ottobre 2016
Un giorno una parola – commento a 1 Corinzi 3, 9
Il Signore dice: «Io mi volgerò verso di voi, vi renderò fecondi e vi moltiplicherò e manterrò il mio patto con voi»
Levitico 26, 9
Noi siamo infatti collaboratori di Dio, voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio
1 Corinzi 3, 9
Sapere chi si è, conoscere la propria identità, è fonte di equilibrio e di sicurezza. Siamo, individualmente e come chiesa, il campo di Dio, l’edificio di Dio, la realtà in cui Dio è all’opera per coltivare e per edificare, per realizzare il suo progetto. Campo ed edificio sono due immagini con cui viene rappresentata la chiesa. Altre sono popolo, gregge, sacerdozio. Non è difficile immaginare l’amore che Dio mette nel prendersi cura di ciò che gli appartiene e, nello specifico del nostro passo, nel coltivare il suo campo, la sua vigna, che spesso viene chiamata la sposa di Dio. È facile concepire l’amore che Dio mette nel progettare e nel realizzare il suo edificio, cioè noi, la sua chiesa, il suo popolo, e ciascuno di noi personalmente.
Il cognome che indica appartenenza è stato sempre curato con genealogie e come elemento di valore. Non è cosa di poco conto poter dire chi sono. Ciò mi fa uscire dall’anonimato e dall’indistinto. So chi sono e posso dire a chi appartengo: appartengo a Dio e sono la realtà che Dio cura e nella quale impiega la sua energia e il suo amore.
Come campo di Dio non voglio e non debbo produrre spine ed erbacce. Voglio curare quel seme che egli vi pianta e voglio produrre frutto in abbondanza. Sarà una gioia per me e una gioia per Dio poter raccogliere il meglio della mia produzione, quel che Dio si aspetta. Sarà un cento volte, un sessanta volte, un trenta volte, come nella parabola del seminatore (Mat. 13), ma so che Dio gradisce non necessariamente la quantità, bensì la risposta che siamo in grado di dare. In questo la nostra fiducia in Dio è completa.