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La Onlus Gariwo, nata a Milano nel 1999 per far conoscere anche nel nostro paese i Giusti, coloro che si adoperarono per il bene della collettività, ha scelto i 5 nomi cui verranno dedicate le nuove piante del Giardino dei Giusti.

Il primo Giardino dei Giusti è stato creato nel 1960 a Gerusalemme da Moshe Bejski, uno degli uomini salvati da Oskar Schindler. Da allora sono stati commemorate oltre ventimila persone in tutto il mondo. Per ogni donna e uomo riconosciuto Giusto fra le nazioni viene piantato un albero a imperitura memoria delle loro azioni.

Diversi Giardini sono sorti negli ultimi anni anche nelle città italiane sull’impulso dell’esempio dato da Milano e la sua installazione sul monte Stella.

Una montagna di macerie della seconda guerra mondiale e i calcinacci degli ultimi residui dei bastioni spagnoli del seicento. E’ una collinetta di 50 metri di altezza nel cuore della zona ovest di Milano il monte Stella, dal nome della moglie dell’architetto Piero Bottoni che lo progettò nel 1940, ma per i milanesi è sempre stata la “Montagnetta di San Siro”.

Nata per coniugare necessità e virtù, smaltimento di residui crollati e volontà di dare un minimo di movimento al piatto panorama meneghino, in poco più di 50 anni ha ospitato di tutto: gare di corsa, di bici, addirittura di sci con i campioni della coppa del mondo, e dal 2003 i trecentosettanta mila metri quadrati sono anche sede del Giardino dei Giusti. Voluto dalla giunta Moratti nel Giardino ogni anno vengono piantati alberi in onore di donne e uomini che con le loro gesta si opposero a genocidi e crimini contro l’umanità. Fra i primi ricordati Andrej Sakharov, Svetlana Broz, Moshe Bejski.

Nei giorni scorsi sono stati scelti i 5 personaggi cui verranno dedicate le cinque nuove piante che verranno messe a dimora il prossimo 6 marzo, in occasione della Giornata europea dei Giusti. Dopo i tragici avvenimenti degli ultimi mesi gli organizzatori hanno voluto richiamare l’attenzione sul rispetto della pluralità umana come condizione del dialogo, senza mai perdere di vista il tragico passato, perché questo non si ripresenti mai più.

I 5 nomi prescelti sono quelli di Lassana Bathily, il giovane musulmano di origine maliane che nel supermercato ebraico Huper Cacher di Parigi ha salvato numerose persone diventando in seguito testimone della lotta al fondamentalismo; Mohamed Naceur ben Abdesslem, la guida tunisina che durante l’attacco al museo del Bardo del 18 marzo 2015 ha messo in salvo una trentina di italiani accompagnandoli nella questura della città; Raif Badawi, il blogger saudita di cui ci siamo occupati varie anche volte anche noi di Riforma, imprigionato nel suo paese a dieci anni di carcere e diecimila frustate con l’accusa di apostasia e violazione dei valori islamici; Pinar Selek, sociologa turca, perseguitata, torturata, imprigionata e costretta all’esilio in Francia per le sue battaglie a difesa delle minoranze curde e armene; Etty Hillesum, ebrea olandese deportata dai nazisti in un campo di sterminio, che scelse di non fuggire dal suo paese mettendosi in salvo ma abbandonando in questo modo il proprio popolo.

Immagine: By Fcarbonara - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=28788812

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