Aumentano le parrocchie che accolgono “il diverso”
06 ottobre 2016
Secondo il “Rapporto sui cristiani lgbt in Italia” l’ospitalità sta cambiando in positivo, soprattutto nelle chiese cattoliche
Avere un posto dove pregare insieme senza dover nascondere la propria sessualità è un diritto importante che non sempre è accolto a braccia aperte dalle confessioni religiose cristiane. Una motivazione che potrebbe sembrare fondamentale per cercare un luogo dove riunirsi in seno a diverse realtà religiose, ma che non lo è per il 55 % dei gruppi Lgbt (lesbiche, gay, bisex e trans) in Italia. Non è l’unico dato interessante e inaspettato della terza edizione del “Rapporto 2016 sui cristiani Lgbt in Italia” che prende in analisi ventuno gruppi sparsi sul territorio nazionale. Un altro, per esempio, è l’aumento delle parrocchie cattoliche che accolgono questo tipo di gruppi, rispetto alle ricerche del 2010 e del 2012. Il rapporto, richiesto dal Forum dei Cristiani Lgbt, la rete che riunisce dal novembre 2009 le diverse realtà locali e nazionali, è stato redatto dalla ricercatrice Giuliana Arnone della Scuola Superiore di Studi Storici Geografici e Antropologici dell’Università di Padova. L’abbiamo intervistata.
Quali motivazioni scientifiche ha questo rapporto?
«All’interno del mondo accademico due temi come la religione e la sessualità non vengono affrontati. Anzi, a volte vengono deliberatamente evitati. Mi sembrava che all’interno dell’accademia e all’interno dei discorsi pubblici fatti da eminenti uomini di chiesa o da esponenti del movimento Lgbt ci fosse una semplificazione di una realtà che sembrava più eterogenea. Inoltre in questo discorso mancava la voce delle persone Lgbt cristiane coinvolte che cercano di conciliare la propria omosessualità con il discorso religioso tradizionale. Questi rapporti servono certamente ai gruppi, ma in generale hanno anche lo scopo di sensibilizzare l’ala più delle chiese più conservatrici rispetto a queste tematiche».
E ha funzionato?
«Il “Rapporto 2016” è solo una parte della ricerca, di tipo etnografico, dove ho preso contatti con molti gruppi cristiani lgbt in Italia. Mi sono resa conto che c’è una realtà in fermento, anche se forse l’opinione pubblica non lo sa: ci sono molti gruppi che fanno un percorso di inclusione all’interno di una chiesa, quella cattolica in questo caso, che rimane eterogenea anche se prende posizioni chiare sull’omosessualità. Svolgendo la ricerca, il trend positivo dell’apertura delle chiese cattoliche ci ha colpito molto».
E le altre confessioni cristiane?
«Il questionario era rivolto a tutte le realtà e rispetto agli altri rapporti del 2010 e del 2012 i non cattolici erano più presenti rispetto ad oggi. La maggior parte dei gruppi sono ospitati in strutture cattoliche, mentre nei rapporti precedenti l’ospitalità era presso le chiese protestanti, in particolare quelle valdesi».
C’entra l’apertura di papa Francesco?
«Sì e no. Il 40% dei gruppi pensa che l’avvento di questo papa non abbia cambiato la loro situazione istituzionale, ma che ci sia stata maggiore apertura da parte delle parrocchie, che si sentono meno sotto pressione rispetto al pontificato di Benedetto XVI. Ma quella di Francesco è solo una delle possibili motivazioni. C’è anche da dire che l’ospitalità ha tantissime gradazioni. Molti gruppi vengono ospitati in parrocchia però non possono dire apertamente chi sono: anche la negoziazione dell’ospitalità è molto eterogenea».