Ora, il Signore è lo Spirito; e dove c’è lo Spirito del Signore, lì c’è libertà (II Corinzi 3,17)
L’annessione di Roma al Regno d’Italia fu un piccolo fatto militare e un grande avvenimento politico del Risorgimento italiano, rimarrà una data gigantesca nella storia della chiesa cattolica, intesa anzitutto nella sua dimensione temporale. Come tutti gli eventi epocali, a seconda dell’angolazione di chi ricorda, anche la breccia di Porta Pia può assumere diversi significati. Dal punto di vista evangelico, il 20 settembre 1870 è il giorno in cui la predicazione dell’Evangelo tornò libera in Roma. Il colportore che seguì i bersaglieri sabaudi dentro le mura portava con sé un carretto carico di bibbie, i missionari americani che nel 1895 costruirono una delle prime chiese metodiste della capitale la vollero non a caso in via XX settembre. È a questa «breccia dello spirito» che anche quest’anno i valdesi di Roma hanno reso omaggio, riunendosi nella chiesa di via IV novembre per un culto di ringraziamento. Al centro della predicazione del pastore Paolo Ricca una parola sola:
«Libertà. Parola magica, che ci mobilita. Parola potente, quasi onnipotente, capace di generare sogni, bisogni, utopie, rivoluzioni. Senza dubbio la parola più rivoluzionaria dell’intero vocabolario umano. Eppure parola temuta. Perché abbiamo paura della libertà degli altri. I governanti temono la libertà dei governati, ma anche i mariti temono la libertà delle mogli, e i genitori temono la libertà dei figli». Comincia così il sermone del professore, dalle parole con cui Virgilio presenta Dante a Catone Uticense, il custode del monte del purgatorio: «Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta». Due endecasillabi che fanno da lapide ai caduti di tutti i tempi nel nome della libertà; due versi che chiariscono chi fosse il Dante personaggio della Commedia: un «cercatore di libertà». Sulle ali senza tempo del linguaggio poetico, Ricca salta leggero al Novecento, ai celebri versi di Paul Éluard – «E in virtù d'una Parola / ricomincio la mia vita / sono nato per conoscerti / per chiamarti / Libertà» – e infine approda all’oggi: «alle libertà che non si contano, perché nel mondo moderno abbiamo assistito a una dilatazione del concetto di libertà». Ma se le libertà sono divenute plurali, di quale libertà si parla, a quale XX settembre si rende omaggio, nella splendida chiesetta valdese di via IV novembre? «Alla libertà quint’essenza dell’umano, alla libertà che viene da dentro, alla libertà figlia dello Spirito», è la risposta di Paolo Ricca.
«Delle tre persone del Dio trinitario – spiega il pastore – lo Spirito è certamente la più inafferrabile. Eppure non dovrebbe, perché il Padre è sopra di noi, il Figlio è con noi e per noi, ma lo Spirito è più “vicino”: è dentro di noi. Dio è il nostro tempio, ma noi stessi siamo il tempio di Dio: eccola la sorgente della libertà. Se il Figlio è Dio in umanità, lo Spirito è Dio in libertà. Lo Spirito è Dio in libertà dentro di noi». Secondo Ricca la «libertà dello Spirito» non è singola, ma si compone a sua volta di tre libertà (che potremmo definire «teologali»): «Come cristiani abbiamo la libertà di credere, abbiamo la libertà di sperare, abbiamo la libertà di amare. La fede è una creatura dello Spirito, nessuno ce la può togliere. La speranza, senza la quale è il nulla, deriva dal fatto che siamo cittadini del Regno ancora prima che questo venga; l’amore è il sì che possiamo dire al prossimo».
Certo, la strada non è mai segnata; perché «al fianco di una libertà divina procede una libertà diabolica: quella di Eva che ascolta il serpente, quella di Caino che uccide il fratello: è questa, nello Storia, la tragedia della libertà. Per saper ascoltare e poter comprendere la sconvolgente libertà dello Spirito – conclude il pastore – noi non possiamo stare da soli, abbiamo bisogno della Sacra Scrittura». Eccola qui, l’importanza del XX Settembre per gli evangelici italiani.