Giornata del rifugiato: «E’ il giorno di una confessione di peccato per l’Europa e gli europei»
20 giugno 2016
Paolo Naso: «I corridoi umanitari sperimentati in Italia sono una reale possibilità, vanno allargati e duplicati in altri paesi»
«Non è la giornata delle celebrazioni ma di una confessione di peccato per quello che l’Europa non sa o non vuole fare per fermare la tragedia di migliaia di rifugiati senza asilo né protezione». E’ quanto afferma Paolo Naso, coordinatore del progetto Mediterranean Hope della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), in occasione della Giornata internazionale del rifugiato, indetta dall’Onu ogni anno il 20 giugno. «Di fronte al dramma di profughi siriani, iracheni, subsahariani, eritrei, sudanesi che rischiano la vita per cercare protezione e asilo, l’Europa risponde con i muri e il filo spinato, scaricando la responsabilità di gestione dei flussi sui paesi più esposti alle migrazioni mediterranee. E’ una strategia giuridicamente illegittima e moralmente fallimentare, tragicamente incoerente con la tradizione europea in materia di diritti umani e asilo». «Ed allora l’unico modo per dare senso a questa giornata – prosegue Naso - è fermarsi, riconoscere il fallimento di questa politica, rivolgere un pensiero alle vittime di immigrazione e impegnarsi in nuovi programmi di accoglienza e tutela dei richiedenti asilo. Come evangelici non ci sottraiamo a questo dovere e rilanciamo il nostro impegno nell’attuazione dei ‘corridoi umanitari’ che la Fcei sta realizzando insieme alla Tavola valdese e alla Comunità di Sant’Egidio. L’esperienza realizzata in questi mesi dimostra che una via legale, sicura e sostenibile per tutelare i richiedenti asilo è possibile. Va semplicemente ampliata, rafforzata e messa a sistema in Europa. E’ questo il nostro appello alle chiese sorelle europee, talora assai più grandi e influenti del piccolo protestantesimo italiano. Lo rilanceremo nei prossimi giorni – conclude Naso - in incontri che avremo a Berlino e Bruxelles, e lo faremo pensando ai volti rassicurati dei circa trecento richiedenti asilo che grazie ai corridoi umanitari hanno potuto raggiungere l’Italia, evitando le brutalità degli scafisti, i rischi del mare e le chiusure dell’Europa».