Impiegare i talenti con saggezza
16 giugno 2016
Un giorno una parola – commento a Romani 12, 16
Il Signore conosce i pensieri dell’uomo, sa che sono vani
Salmo 94, 11
Non vi stimate saggi da voi stessi
Romani 12, 16
Al versetto 3 di questo stesso capitolo l’apostolo Paolo esprime un pensiero analogo che si ribalta sui rapporti interpersonali: «dico a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio…».
Affrontando l’aspetto comunitario della vita del credente, l’apostolo parla dei carismi che vengono dallo Spirito e devono esser messi a frutto per il bene comune, e dei «ministeri» che emergono all’interno della chiesa, alla quale spetta vagliarne la consistenza e favorirne l’esercizio. Le considerazioni di Paolo valgono anche per i rapporti reciproci fra i membri della comunità.
Ognuno di noi dispone di capacità naturali o maturate con lo studio e con l’esperienza, possiede doni particolari, ma questo non ci autorizza a considerarci migliori dei fratelli e delle sorelle con cui viviamo. Occorre saper impiegare i talenti che ci vengono riconosciuti e ricoprire gli incarichi che ci sono affidati con equilibrio e sobrietà, in semplicità ed umiltà. In una parola con «saggezza», una virtù che non si improvvisa, ma nasce dal guardarsi attorno e dal confronto con le persone con cui si tratta e cresce con l’ascolto e la considerazione anche di coloro che ci paiono ostili.
La tendenza diffusa in ogni consorzio umano tra chi ha delle responsabilità è quella di pretendere di insegnare ed imporre ciò che si può dire e si deve fare. Chi guida una comunità di credenti non può cedere alla tentazione di condizionarne i comportamenti, ma deve saper esercitare l’autocontrollo, esaminare il proprio pensiero e il proprio agire, sapersi valutare con spirito autocritico.
Scrivendo ai Filippesi, sempre Paolo dice (2, 3): “Non fate nulla per spirito di parte o vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso”. Il che non significa alimentare complessi di inferiorità, ma piuttosto evitare i complessi di superiorità. Questo è il principio della saggezza: siano gli altri a stimarti saggio.