Un anno senza pastore
07 giugno 2016
Alcuni membri del concistoro di Villar Pellice ci raccontano l’esperienza dell’anno di vacanza pastorale. Un percorso che si è snodato tra perplessità iniziali, sfide da cogliere, impegni e attività da portare avanti, difficoltà da superare e soddisfazioni da raccogliere
La chiesa di Villar Pellice sta per concludere un anno di vacanza pastorale, senza un pastore residente e di riferimento per la comunità. Ora a luglio la situazione cambierà con l'arrivo del pastore Stefano D'Amore, che conclude il suo periodo di servizio a Torino, alla chiesa di corso Principe Oddone 7 e sale in alta val Pellice.
Altre comunità, come San Secondo e Villar Perosa, hanno già sperimentato l'esperienza dell'anno senza pastore: raccogliendo le impressioni solitamente si tratta di esperienza molto formative per le comunità.
Abbiamo raccolto la testimonianza di alcuni anziani del concistoro di Villar Pellice, per scoprire come hanno affrontato questo anno di attività. Inizia a raccontare Silvia Geymet: «Diciamo che prima di lanciarci in questa avventura abbiamo indagato per capire se in concistoro la maggioranza era disponibile a “rischiare” per un anno di attesa, suddividendoci compiti ed impegni. Il concistoro era d'accordo e la stessa domanda è stata portata anche in assemblea che, unanime, ha confermato la nostra scelta. Ci siamo quindi organizzati a gruppi, dandoci degli obiettivi ben precisi e lavorando in modo più stretto: è stata un'occasione anche per conoscerci meglio».
«Certo non mancavano le perplessità iniziali. Siamo partiti col proposito: faremo solo le cose più importanti – aggiunge Silvio Bonjour - in realtà alla fine abbiamo fatto tutto e siamo riusciti a non tagliare nulla. La nostra comunità si è sentita impegnata in prima linea e ha supportato il concistoro e abbiamo ricevuto un'offerta di disponibilità persino superiore alle necessità reali: pastori delle comunità locali, volontari... insomma, abbiamo consolidato la squadra ed è stata certamente un'esperienza formativa per tutti noi».
Silvia Geymet ci tiene a sottolineare un aspetto: «Una delle grandi positività che abbiamo avuto quest'anno, e che i membri di chiesa hanno apprezzato molto, è la varietà di voci che si sono susseguite sul pulpito per il culto domenicale. Senza un pastore fisso di riferimento, ogni domenica abbiamo avuto una voce diversa, e la varietà che si è creata, ognuno con il suo stile, con il proprio modo di predicare, è stata molto apprezzata. La presenza ai culti di quest'anno è stata persino più alta degli anni passati!».
Un anno di vacanza pastorale che è coinciso anche con l'impegnativo progetto della Crumière.
Abbiamo chiesto a Marco Tumminello, presidente del concistoro, che era incaricato di seguire più da vicino il progetto con la Diaconia Valdese, come si sia affrontato questo ambito dell'attività: «Abbiamo coadiuvato la Csd partecipando ad alcune parti del progetto, non dal punto di vista dell'impegno finanziario, ma solo con il volontariato e collaborando molto con don Buffa e la parrocchia cattolica, in un percorso ecumenico che prosegue fattivamente ormai da anni. Nonostante le preoccupazioni che avevamo all'inizio, tutto si è risolto molto bene e l'esperienza sta arricchendo la comunità. In particolare in questi ultimi mesi ci stiamo dedicando, con le chiese valdesi di Torre Pellice, Luserna San Giovanni, San Germano e Pomaretto, ad un progetto di diaconia comunitaria dedicato all'approccio al lavoro dei ragazzi rifugiati. Gestiamo aspetti ludici, scolastici o lavorativi cercando di far partire delle convenzioni con associazioni, scuole, aziende che possano offrire degli impegni, anche lavorativi, ai ragazzi».
A luglio, tra poche settimane, arriverà il vostro nuovo pastore, Stefano d'Amore. Con quali prospettive siete pronti ad accoglierlo?
«Vogliamo cercare di mantenere ciò che abbiamo costruito in quest'anno: non dobbiamo dimenticare l'impegno e la mole di lavoro che quotidianamente si muove in una chiesa e cercheremo di supportare il pastore nelle sue attività, anche come presa in carico della responsabilità, come membri di chiesa, verso la nostra comunità. Proporremo di continuare lo scambio di pulpito per mantenere la varietà di voci. Alla fine possiamo dire che è stata un'esperienza positiva che ci sentiamo di consigliare. Ci vogliono però dei presupposti: persone che abbiano il tempo e la voglia di mettersi in gioco. Senza la squadra e un gruppo coeso è difficile proseguire l'avventura».