Sessanta milioni di persone senza casa nel mondo
12 maggio 2016
Cresce il numero dei “profughi interni” a causa di guerre e calamità naturali. Molti vivono in condizioni di estrema indigenza e abbandono
Sessanta milioni di persone costrette ad abbandonare le loro case e sradicate dal contesto sociale in cui sono nate, 66mila al giorno soltanto nel 2015. Sono i dati disarmanti riportati dall’Internal Displacement Monitoring Center (Idmc), un ente che fa parte del Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc), un’organizzazione umanitaria non governativa, e che dal 1998 si incarica di monitorare il numero di uomini donne e bambini che vivono da profughi nel loro stesso paese.
Se conoscere il numero di rifugiati in Europa è relativamente facile, recensire gli “esuli” forzati all’interno dei confini dei diversi Stati, è tutt’altra questione. I profughi interni sono oggi 40 milioni, due volte tanto il numero di chi riesce – o almeno tenta – di emigrare. Inoltre i primi non sono protetti dalla Convenzione di Ginevra del 1951, che obbliga i paesi ospitanti a concedere il diritto di asilo a chi fugge da guerre e persecuzioni. Le centinaia di migliaia di persone che ogni giorno, nonostante le politiche di respingimento dell’Unione europea, cercano di raggiungere le coste italiane o greche sono soltanto la punta dell’iceberg di un fenomeno che ha proporzioni ben più allarmanti e spesso dimenticate dai media. Un caso emblematico è la Siria: dopo cinque anni di guerra, i profughi interni sono 6,6 milioni, senza aiuti umanitari e in condizioni di estrema indigenza e abbandono. Nel 2015, la metà degli 8,6 milioni di nuovi profughi è composta da siriani, iracheni e yemeniti, ma ci sono anche guerre di lungo corso che continuano a produrre persone sradicate, come in Congo, in Sudan o in Colombia.
Ma la prima causa del fenomeno nel 2015 sono state le catastrofi naturali, che hanno cacciato di casa 19,2 milioni di persone, in particolare in Cina, India e Nepal (il terremoto del 25 aprile da solo ha prodotto 2,62 milioni di senza tetto). Gli sradicamenti provocati da calamità naturali sono i più lenti da risolvere: lo testimonia la situazione di Haiti, per esempio, dove la ricostruzione dopo il terremoto del 2010 è ancora ben lontana dall’essere completata, o se si pensa a Fukushima, dove gli abitanti ancora non possono riprendere possesso delle abitazioni a causa della persistente radioattività.
Nel dato dei 40 milioni, inoltre, non è calcolato chi fugge da organizzazioni criminali o a causa del riscaldamento del clima. In particolare, l’Imdc stima che un milione di persone sia scappato dalle violenze delle gang e dei trafficanti di droga in America Centrale. Infine, sono da considerare anche i lavoratori che si spostano per costruire altrove grandi infrastrutture, come dighe o stadi: soltanto a Rio de Janeiro 6600 famiglie sono state cacciate di casa dai lavori per i giochi olimpici della prossima estate.