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La salvezza ricevuta

Un giorno una parola – commento a Isaia 38, 20

Il Signore mi salva! Suoneremo melodie, tutti i giorni della nostra vita, nella casa del Signore
Isaia 38, 20

Ringraziato sia Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo
I Corinzi 15, 57

Nel capitolo 38 del profeta Isaia si legge del re Ezechia che, malato, sente dalla voce del profeta che non guarirà. Allora il re, rivolgendosi in preghiera a Dio, gli chiede di ricordarsi che egli ha camminato davanti a Dio «con fedeltà e con cuore integro», e di salvarlo. Ezechia, poi – si legge – preso dall’emozione «scoppiò in un gran pianto». Dio allora manda a dire al re, per voce del profeta, «Ho udito la tua preghiera, ho visto le tue lacrime», e di aver deciso per la guarigione. Probabilmente Ezechia non avrebbe voluto far sapere delle lacrime, probabilmente Isaia ha annunciato la decisione di Dio in pubblico, fatto sta che il re è guarito per la sua preghiera e le sue lacrime. Questo è il primo insegnamento: Dio salva me. Non per i miei meriti – dovremmo dire «agli Ezechia» che cercano di fare la lista dei loro diritti davanti a Dio, ma per la Sua grazia, e mi salva grazie alle mie preghiere e alle mie lacrime, perché mi sono affidato a Lui e perché il mio cuore era pronto.

E nel giorno della mia salvezza, cosa posso fare, se non essere gioioso?

«Il padre farà conoscere ai suoi figli la tua fedeltà», dice il re, sentita la notizia. La salvezza è per ogni singola persona, è fonte di gioia, ma anche di testimonianza. E la gioia e la testimonianza si svolgono con il canto, come la tradizione evangelica sa bene. Il canto, la danza, l’allegria sono il tratto distintivo della gioia, e dovrebbero essere il tratto distintivo della nostra predicazione, perché il Cristo vivente ha bisogno della gioia di chi è vivo, come ci ricorda sempre il re Ezechia: «Il vivente, il vivente è quello che ti loda, come faccio io quest’oggi».

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