Come protestanti dobbiamo rinnovarci di fronte all'ambiente
04 marzo 2016
Una riflessione sulla salvaguardia del creato con Davide Romano (Uicca)
Le Fiji sono il primo Stato ad aver ratificato l’accordo sul clima di Parigi, lo scorso dicembre. Ironia della sorte, poco dopo sono state sconvolte dalla tempesta tropicale e dall'uragano Wilson che ha fatto più di 40 morti, oltre a migliaia di sfollati. Altre volte abbiamo parlato del clima che cambia e della riflessione delle chiese protestanti di fronte alla salvaguardia del creato. Oggi lo facciamo con il pastore Davide Romano dell'Unione italiana delle chiese cristiane avventiste (Uicca), partendo dall'intervento dell'Adra, l’Agenzia Avventista per lo Sviluppo e il Soccorso, proprio nelle Fiji.
La reazione umanitaria degli avventisti è stata immediata, ma la riflessione sul tema ambientale dura da tempo
«In situazioni come questa sopraggiunge un senso di smarrimento. La nostra reazione è stata quella di mobilitarci per portare degli aiuti alla popolazione colpita da questa calamità naturale. Attraverso una delle nostra agenzie, Adra, appositamente costituita per portare sviluppo e soccorso abbiamo portato diversi aiuti. Poi la capacità di affrontare questi temi seriamente consiste nel prenderli in considerazione non soltanto nel momento della tragedia, ma soprattutto quando questa non c'è. Dal punto di vista della riflessione su cosa debba essere un'etica ambientale per una comunità cristiana, non possiamo solo limitarci a contare i danni, attribuire tutto ai fenomeni naturali, ma considerare che oggi sappiamo che il nostro comportamento incide sull'incremento di certi fenomeni e siamo in parte causa di questi problemi».
Le religioni sono intervenute ai tempi del vertice di Parigi: come crede che sia sentita questa responsabilità dai cristiani?
«Le religioni sono intervenute e hanno fatto bene, perché rappresentano una voce importante della riflessione umana e forniscono in molti casi un supplemento ermeneutico alla discussione sul mondo in cui viviamo, all'analisi dei nostri comportamenti verso i nostri simili e verso l'ecosistema in cui viviamo. Il cristianesimo nello specifico ha qualcosa da farsi perdonare. La discussione sulla salvaguardia del creato è diventata densa di contenuti negli ultimi anni, anche papa Francesco ha sviluppato un'enciclica sul tema del rispetto dell'ambiente. Però non possiamo dire che i cristiani siano stati in prima linea o antesignani di questo processo di analisi e meditazione, purtroppo. Come protestanti poi siamo stati accusati di non enfatizzare abbastanza la sacralità della natura, un'accusa che risale agli anni '60, ma che reputo ingiusta. Non è sacralizzando la natura che la si protegge: ci sono altri modi di riflettere sull'ambiente che riflettono il dato biblico (Creazione sì, ma distinta da Dio, non sacra) e tuttavia una responsabilità che Dio ha dato all'essere umano, la responsabilità di custodire il creato come parte qualificante del suo progetto. Il cristianesimo protestante deve riconoscere il suo ritardo e innovarsi su questi temi, portando a una ri-comprensione dello scollamento tra agire umano e rispetto dell'ambientale».
Come si pone la chiesa avventista di fronte a questa riflessione?
«La chiesa avventista ha sviluppato una particolare sensibilità teologica verso il tema della creazione, verso il recupero integrale del dato strutturale che troviamo nella Genesi, del Dio creatore di ogni cosa che ha donato all'essere umano il mondo (e al mondo l'essere umano, uscendo da una visione antropocentrica). Anche attraverso il collegamento del sabato, che è il giorno di culto per gli avventisti, con il compimento della creazione, il settimo giorno. Ciò ha generato una sensibilità sul tema ma, a proposito dell'azione continua sui temi dell'etica ambientale, non sempre siamo stati attenti, forse anche un po' distratti da un'accentuazione apocalittica escatologica che la chiesa avventista ha, proprio perché attende l'avvento, il ritorno di Gesù. Forse questo ha determinato il senso di un'etica ambientale interinale, provvisoria, che sviluppa poderosi strumenti di soccorso, come Adra, ma al tempo stesso non spende così tanta attenzione e tenacia nel meditare su come possiamo risolvere o attenuare alcune dinamiche distruttive in atto nella creazione e che in parte sono determinate dall'agire umano. Credo che la mia chiesa abbia una sensibilità di fondo ma anche un deficit di riflessione: i nostri documenti focalizzati sull'etica ambientale risalgono agli anni 90».
E nelle comunità locali?
«Una congrua fetta di tempo del Sabato è dedicata alle attività scoutistiche, che sono orientate verso i ragazzi e i bambini, dove si fa un'educazione alla conoscenza e al rispetto della natura: i nostri ragazzi conoscono bene il linguaggio della tecnica, ma meno quello dei processi naturali. Educare i giovani suggerirà atteggiamenti un po' più virtuosi negli adulti, ma non credo sia ancora abbastanza. Qualche anno fa abbiamo preso una risoluzione come chiese avventiste italiane per cui vorremmo che tutti i nostri edifici di culto fossero sostenibili dal punto di vista energetico, sfruttando energie alternative e così via. La realizzazione di questo intento è ancora occasionale, ma è stato il modo per assumersi qualche responsabilità in più».