Riscoprire il timore di Dio
04 febbraio 2016
Un giorno una parola – commento a Apocalisse 15, 4
Il Signore è giusto in tutte le sue vie e benevolo in tutte le sue opere
Salmo 145, 17
Chi non temerà, o Signore, e chi non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo; e tutte le nazioni verranno e adoreranno davanti a te, perché i tuoi giudizi sono stati manifestati
Apocalisse 15, 4
L’inno di lode all’Altissimo (Apocalisse 15, 3-4) dal quale è tratto il secondo versetto di oggi potrebbe benissimo chiudere il libro dell’Apocalisse. Invece non è così. La narrazione prosegue fino alla sua conclusione definitiva nel capitolo 22. L’affermazione della potenza e della giustizia dell’Eterno contenute nel capitolo 15 sono una sorta di preludio ai sette flagelli, ovvero alle sette «coppe dell’ira di Dio» (capitolo 16) che provocano disastri terribili nell’impero della «Babilonia la grande». Il versamento della settima coppa segna addirittura la fine dell’impero.
Al di là dei possibili riferimenti alla storia dell’Impero Romano, il messaggio dell’Apocalisse si colloca sopra una dimensione puramente storica. La Babilonia simboleggia chiaramente ogni forza avversa al «Regno di Dio e del Suo Agnello». La comunità protocristiana non ha avuto problemi a individuare tali forze; le nostre comunità postcristiane fanno invece parecchia fatica a rendersi conto della presenza delle forze fortemente ostili all’Evangelo. Paradossalmente non si tratta delle forze sociali o politiche che vengono bollate come ostili dagli ecclesiastici di turno. La realtà è ben diversa. C’è chi lavora oggi incessantemente per fomentare le nostre paure, per sostituire l’amore e l’accoglienza con l’odio e la diffidenza. C’è chi indossa addirittura maschere religiose per privarci dalla nostra libertà, interiore ed esteriore, al fine di sottometterci alle logiche inafferrabili e fortemente sospette.
L’unico antidoto a questi inquietanti scenari è la riscoperta del timore di Dio. Non si tratta della paura di un «Dio cattivo e noioso preso andando a dottrina» (come canta Luca Carboni). Si tratta del timore che infonde una nuova energia nella nostra esistenza, il timore di chi ama e si sente amato. Il timore che resiste alle forze del male perché si nutre di quel tremore che si prova di fronte alla potenza e alla giustizia di Colui che rende inoffensivi anche i più malvagi di questa terra.