Giornata della memoria
27 gennaio 2016
Rubrica «Parliamone insieme» andata in onda domenica 24 gennaio durante il «Culto evangelico», la trasmissione di Radiouno a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia
Mercoledì prossimo, 27 gennaio, si celebra la Giornata della memoria per ricordare le vittime dello sterminio nazi-fascista degli ebrei. Per questa occasione vorrei riproporvi la lettera di un ascoltatore che qualche tempo fa rifletteva sul tema del fare memoria.
«Fare memoria – scriveva – non è solo un dovere civico, ma anche un dovere di fede. Il ricordo è infatti una componente essenziale della fede cristiana. Vorrei che questa verità venisse riaffermata, soprattutto per contrastare quanti pensano che ricordare la Shoah altro non sia che un superfluo ripiegarsi sul passato».
È una lettera che, sebbene già presa in considerazione in passato in questa rubrica, vi ripropongo perché esprime una verità che ogni lettore della Bibbia conosce bene, e cioè che la fede è in grande misura un atto di memoria. Nelle Scritture gli esempi abbondano. Pensiamo all’istituzione della Cena del Signore: prendendo il pane e condividendo il vino con i suoi discepoli Gesù dice a noi: «Fate questo in memoria di me». Nell’Antico Testamento questo legame è ancora più solido. La confessione di fede di Israele è il racconto dei grandi atti di Dio, primo fra tutti la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. I dieci comandamenti iniziano con queste parole «Io sono il Signore, il tuo Dio, che ti ho tratto dal paese d’Egitto». Qui la fede è memoria dell’azione di Dio nel mondo. C’è poi ancora un altro aspetto che ricorre nell’Antico Testamento: quando si dice che Dio si è ricordato di noi, significa che il Signore è venuto a soccorrerci. E qui memoria significa cura e salvezza.
In questo contesto fare memoria non significa commemorare qualcosa, presenziare a un rito o a una cerimonia. Significa sentirsi partecipi della realtà che si ricorda. Significa, per esempio, sentire che le promesse di grazia legate alla Cena del Signore morto e risorto sono vere e attuali per tutti noi; significa sentire che le cose che ricordiamo continuano a determinare la nostra vita, a orientare le nostre scelte, a dare forma alla nostra speranza.
Certo ricordare le promesse di Dio non è la stessa cosa che ricordare il grande peccato umano, come è stato lo sterminio degli ebrei. Eppure, come credente sento che anche il Giorno della Memoria ha profondamente a che fare con la mia fede. Prima di tutto perché quel peccato fu contro gli ebrei. Senza l’ebraismo non ci sarebbe mai stato il cristianesimo, Cristo non sarebbe mai nato e Dio non mi avrebbe mai raggiunto. In secondo luogo, per un credente la parola memoria è sempre associata alla partecipazione e alla speranza. Fare memoria significa costruire la fratellanza del futuro. Per questo dimenticare sarebbe non solo un errore storico, ma anche la dimostrazione della nostra poca fede.