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Blasfemia, diritti e libertà

Presentato il libro di Alberto Melloni, Francesca Cadeddu e Federica Meloni sul rapporto fra parola e sacro

È stato presentato l'11 gennaio, presso la Sala Zuccari del Senato della Repubblica a Roma, il libro Blasfemia, diritti e libertà – discussione dopo le stragi di Parigi a cura di Alberto Melloni, Francesca Cadeddu e Federica Meloni: «Un libro ricco, polifonico, di voci in dialogo» ha ricordato la pastora battista, Lidia Maggi, chiamata a commentare il volume con il direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale e la giurista Barbara Randazzo, insieme ai tre curatori.

Il libro è infatti un confronto tra storici, teologi e filosofi e giuristi sul tema della parola che offende il sacro: dall’evoluzione del concetto di blasfemia, al racconto di episodi di vilipendi storici e di persecuzioni, sino al tentativo di definire i limiti dell’intervento statale della punizione per fornire – come sostiene Melloni nella sua introduzione – «conoscenze giuridiche, politiche, storiche, teologiche che servano a comprendere e giudicare fatti , atti, ragioni, sfondi. Incluso quello così ambivalente delle “blasfemia”».

Tra i temi affrontati nel pamphlet figurano, per citarne alcuni: «La blesfemia e la presenza di Dio» di Giuseppe Veltri; «La satira blasfema antiebraica», di Mauro Perani; «La via mediana del politically correct», di Paolo Naso; «Se la blasfemia diventasse un non sense», di Giancarlo Bosetti; «Il mito dell’islamofobia», di Marie Levant.

«Un libro che prova a farci reagire alla tentazione di pensare solamente con la pancia ai grandi fatti che stanno emergendo in questi ultimi tempi – ha detto nel suo intervento Lidia Maggi – Il libro, che si presenta plurale per la complessità del tema, antropologico, storico, giuridico, religioso, rende merito anche alle diverse appartenenze religiose. Islam, ebraismo, cristianesimo, ad esempio».

La narrazione storica del volume permette infatti di uscire dall’approccio pregiudiziale interpretativo e dicotomico: «L’azione prevede sempre una reazione: se le vignette sono offensive la reazione è il massacro».

La domanda, prosegue Maggi, è la seguente: «Chi è più blasfemo? Chi disegna immagini offensive e irriverenti o chi abusa del nome di Dio per produrre sangue?».

Utilizzare schemi dicotomici e semplicistici crea spesso anche una pericolosa generalizzazione: «poter avere tra le mani uno strumento come questo libro – dice ancora Maggi – ci permette di fare alcuni distinguo e se poi il libro riesce anche a provocare dei cambiamenti nel nostro modo di vedere le cose allora lo scopo è stato raggiunto». Nel libro vengono anche smascherati alcuni luoghi comuni: «spesso assistiamo ad una ostentata indignazione per l’utilizzo della satira ma non per ciò che la satira attacca – prosegue Maggi –. Questo viaggio nella blasfemia, fatto anche in contesti, come quello italiano, dove la parola laicità è coniugata in maniera differente rispetto alla religiosità laica francese, offre una chiave di lettura interdisciplinare per affrontare in modo disincantato e non pregiudiziale i segni dei tempi che stiamo attraversando».

Un esempio per Maggi è «il paradosso che vede l’Italia muoversi con attenzione per non offendere la libertà religiosa ma che allo stesso tempo non garantisce gli stessi diritti a tutte le esperienze religiose presenti sul nostro territorio».

Per rispondere alle domande sulle tensioni irrisolte dei nostri tempi: il senso dell’appartenenza, la parcellizzazione, la frammentazione, le fratture nei legami sociali e famigliari, dove tutto è fragile, dove vi è una insufficiente proposta di sistemi educativi, e dove sono vigenti ancora le censure e derive per i diritti civili e umani, sospetti e intolleranze, conclude Maggi: «la blasfemia ha a che fare con la “parola pubblica”». 

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Foto Gian Mario Gillio

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