Ciò che deve essere noto
21 dicembre 2015
Un giorno una parola – commento a Filippesi 4, 5
Se tu supplisci ai bisogni dell’affamato, e sazi l’afflitto, la tua luce spunterà nelle tenebre, e la tua notte oscura sarà come il mezzogiorno
(Isaia 58, 10)
La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino
(Filippesi 4, 5)
Non interessa qui la competenza, la cultura, l’intelligenza e tutte le nostre qualità che desideriamo siano note agli altri. C’è un paradosso in questa esortazione: ciò che dev’esser noto è proprio la qualità che è meno appariscente, la qualità che consiste nel non volersi imporre all’attenzione degli altri, cioè la mansuetudine. La mansuetudine è il contrario dell’atteggiamento di superiorità assunto troppo spesso anche dai cristiani, direi soprattutto dai cristiani, in passato e oggi. Chi afferma la propria superiorità dice: tu devi essere come me; devi pensarla come me, credere come me, comportarti come me. E poi subito aggiunge: tu non puoi essere come me; non puoi mangiare quanto me, guadagnare quanto me, avere le comodità che ho io in casa. Non puoi. Perché non ci sono risorse per tutti.
Il mondo sarebbe diverso se i cristiani e le cristiane fossero noti per la loro mansuetudine. Per il loro rispetto del modo di vivere e di pensare degli altri e per il loro impegno a renderli partecipi dei beni della terra. Apparentemente c’è un bel po’ da faticare perché questo si realizzi. Da faticare? La mansuetudine non affatica, perché non parte da noi, parte da Cristo. Il Signore è vicino. È attivo nel rinnovare e rendere umana la terra. Se partiamo dal fatto che Cristo è vicino, possiamo anche noi vivere con tutti come vicini amichevoli, pronti a ricevere senza pretendere, a dare senza imporre.