I numeri dei transitanti (e dei bloccati) a Ventimiglia
03 dicembre 2015
Caritas e Diaconia Valdese hanno collaborato per l'accoglienza, dall'emergenza a oggi
Abbiamo parlato più volte della situazione dei migranti a Ventimiglia, sul confine francese, bloccati dalla polizia da maggio del 2015. Da allora la Caritas Intemelia è impegnata nell’accoglienza e nella gestione dei cosiddetti migranti transitanti, che volevano proseguire il loro viaggio verso altri Paesi europei, possibilmente senza essere costretti a richiedere la protezione in Italia, come la convenzione di Dublino costringerebbe a fare.
La Caritas ha da pochi giorni pubblicato un breve ma completo report dell’attività di passaggio e di ospitalità al confine. In questi mesi ha registrato il passaggio di 2146 persone, di cui il 71 % provenienti dal Sudan, il 5% dall’Eritrea, il 4 % da Pakistan e Etiopia e molte altre. «Abbiamo registrato un notevole incremento di persone provenienti di zone di conflitto e aree di crisi nel mondo. Dai 100 interventi di maggio 2015 siamo passati ai 1147 del mese di giugno. Ci siamo ritrovati in difficoltà perché è stata una situazione improvvisa – dice Serena Ragazzoni di Caritas Intemelia – eravamo pronti ad un aumento, come tutte le estati, ma non di questa portata. Inizialmente c’è stata una risposta ai bisogni primari come i pasti alla sera e successivamente un servizio di distribuzione vestiario». L’organizzazione è cambiata in questi mesi, e nel corso dell’emergenza la Croce Rossa ha allestito un campo di accoglienza nei pressi della stazione: «ci siamo strutturati per sensibilizzare le persone del territorio affinché ci fornissero quanto più vestiario possibile, abbiamo trovato una risposta consistente sia dagli abitanti di Ventimiglia che dei paesi francesi limitrofi – continua Regazzoni – dal momento in cui è stato aperto il centro gestito della Croce Rossa non ci siamo più occupati della distribuzione degli alimenti ma unicamente della distribuzione del vestiario e di prodotti per l’igiene».
Ad oggi gli arrivi sono interrotti, la stagione invernale fa diminuire gran parte degli approdi via mare: «ora nel centro di accoglienza sono rimaste una cinquantina di persone, ma questo spazio ha accolto fino a 250 persone – dice Regazzoni – In questo momento sono tutti richiedenti asilo, che hanno deciso di rimanere in Italia. Quasi tutti provenienti da Pakistan, Bangladesh, Afghanistan, Nigeria e Mali. La cosa che spaventa di più noi operatori e osservatori è la crescente difficoltà a concedere l’asilo da parte delle commissioni territoriali. Oltre al fatto di non poter varcare la soglia con la Francia, c’è l’ulteriore difficoltà di non ottenere alcun tipo di protezione. Spesso abbiamo aiutato persone a fare domanda di asilo, ora accade che arrivino con il documento di diniego e chiedano aiuto. L’unica cosa che si può fare è il ricorso, ma pensiamo a tutto ciò che sta dietro, alla frustrazione dopo mesi di permanenza in Italia, ai rischi che hanno affrontato per arrivare qui. Frustrazione che leggiamo negli occhi delle persone che incontriamo tutti i giorni».
Anche la Diaconia Valdese ha contribuito all’attività della Caritas con una raccolta fondi dedicata all’emergenza: «il nostro progetto di sostegno realizzato a Ventimiglia è stato davvero un successo, nonostante la campagna di raccolta fondi sia chiusa continuano a ricevere ancora oggi delle offerte da tutta Europa, in particolare dalle chiese evangeliche francesi, così come da tutta Italia – dice Massimo Gnone, responsabile del Servizio Rifugiati e Migranti della Csd Diaconia Valdese – abbiamo raccolto più di 10 mila euro. Quando c’è una proposta di sostegno di questo tipo le persone aderiscono e sono solidali. Siamo stati in contatto con la Caritas Intemelia nel corso dei mesi, abbiamo potuto acquistare dei prodotti che potevano essere utili: non abbiamo mai voluto versare direttamente dei soldi, ma rispondere ogni volta alle loro esigenze. In una prima fase abbiamo acquistato alimenti, prima che passasse alla Croce Rossa con il centro di accoglienza. Nella seconda fase abbiamo acquistato vestiario. Non abbiamo ancora speso tutti i soldi che sono stati raccolti, d’accordo con Caritas abbiamo preferito tenerne una parte in cassa per poi vedere quali sono le esigenze nei prossimi mesi in base alla stagione e come potranno cambiare i flussi». A proposito del dato della grande presenza sudanese, Gnone ne sottolinea l’aspetto sorprendente: «se guardiamo ai dati complessivi nazionali delle persone che sono arrivate nel corso del 2015 in Italia e rispetto al numero di persone che fanno richiesta di asilo si può constatare che il numero di sudanesi è molto basso. Questo fa capire come non siano interessati a fermarsi in Italia. Il Sudan è spesso dimenticato dalla narrazione mediatica, anche se continua ad essere attraversato da conflitti cronici: sono ancora tantissimi i migranti forzati che decidono di partire e muoversi verso altri paesi; la maggioranza di loro staziona nei paesi limitrofi e non arriva in Europa».
Con la stagione invernale gli arrivi sulle coste del Mediterraneo saranno inferiori, ma non tutti i migranti arrivano via mare: «noi non sappiamo se alcune di queste persone, come i Pakistani per esempio, sono arrivate via terra o via mare – conclude Gnone –. Resta un’incapacità di gestire chi arriva via terra: un gruppo arrivato a Torino, accampato alle Porte Palatine, ha dovuto attendere due mesi prima che la Prefettura intervenisse: persone che non sono state accolte dal sistema perché arrivate via terra. Questo dato spesso non viene inserito nelle statistiche e ci perdiamo un po’ i numeri delle persone che arrivano in Italia».