F35: nessun passo indietro. Di nuovo.
19 novembre 2015
Disarmo e diminuzione dei finanziamenti al programma militare non sembrano ancora una priorità del governo
Il governo non fa passi indietro nei finanziamenti del programma relativo agli armamenti: la legge di Stabilità ha confermato ufficialmente lo stanziamento di 13 miliardi di euro per l’acquisto dei 90 cacciabombardieri F35.
Ne abbiamo parlato con Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana Disarmo, che ha denunciato il mancato dimezzamento del fondo come aveva richiesto il Parlamento alla fine del 2014. Nel frattempo l'Europa annuncia che le spese per la sicurezza, nel dopo Parigi, saranno escluse dalle misure per il patto di stabilità.
«La conferma di queste cifre - dice Vignarca - dimostra che la mozione Scanu (Pd) approvata alla Camera nel settembre 2014 che impegnava il Governo a dimezzare il budget originariamente previsto, non ha avuto nessun valore. Ci sembra grave che, dal punto di vista politico, sia stata ignorata la discussione parlamentare: una mozione di maggioranza per il dimezzamento dell'impatto finanziario che non è stata tenuta in alcuna considerazione. Il capitolo di bilancio legato alla costruzione degli F35 è rimasto invariato rispetto al 2012».
Il risparmio quindi come si realizza?
«Nelle recenti comunicazioni del ministro della Difesa si parla di “ritorni economici”: le aziende impegnate nel settore fanno produzione e quindi c'è un ritorno economico. Ci sembra però che questa motivazione sia una sorta di scappatoia, anche perché i ricavi derivanti dai contratti internazionali di manutenzione finiranno nelle casse delle aziende italiane coinvolte nel programma, non nelle casse dello Stato italiano. Per il nostro Paese questo programma di armamento è il più costoso di tutta la storia. Senza contare che coinvolge una serie di problematiche tecniche prevedibili in progetti così complessi. In questo caso dimostra chiaramente quanto sia problematica la spesa militare, anche dal punto di vista della qualità del prodotto ottenuto».
Il periodo storico che stiamo vivendo influenza la discussione sul disarmo?
«Certamente la scia emotiva ha dei risvolti anche sul ragionamento più razionale e obiettivo. Per noi la risposta militare continua a rimanere irragionevole: la scelta di affrontare le problematiche del mondo con una maggiore militarizzazione non porta alla risoluzione del problema. Crediamo che i fatti storici dimostrino queste nostre convinzioni, al di là delle filosofie: dall'11 settembre 2011 la spesa militare mondiale è aumentata del 50%. Ebbene, non ci sembra che i problemi siano stati risolti».
Rete Italiana del Disarmo, insieme alle organizzazioni Opal e Amnesty International, è promotrice della richiesta di sospensione dell’invio di armamenti al governo saudita. Avete già avuto risposte?
«Il Governo italiano per ora non ci ha ancora risposto. Sono state poste alcune interpellanze parlamentari ma rimangono senza dialogo. Speriamo che la linea politica concretizzi presto scelte dirette: in primis non fornire armi nelle zone di conflitto o in paesi in cui ci sono state reiterate violazioni dei diritti umani».