La certezza di un futuro
16 novembre 2015
Un giorno una parola – commento a Geremia 32, 19
Tu hai gli occhi aperti su tutte le vie dei figli degli uomini
(Geremia 32, 19)
In lui viviamo, ci muoviamo, e siamo
(Atti degli apostoli 17, 28)
Gerusalemme è assediata dall’esercito babilonese, il profeta Geremia è rinchiuso in prigione e vive gli ultimi giorni in attesa della catastrofe del suo popolo. Ma, stranamente, in una situazione così tragica e priva di speranza, acquista un campo e sigilla l’atto di compravendita in un vaso di terracotta, a futura memoria. Poi prega Dio. Il versetto di cui sopra è tratto da quella preghiera. Più che una preghiera è una confessione di fede. Chi è il Dio, di cui Geremia è il profeta?
Un Dio che vede e perciò ben in grado di distinguere tra bene e male, fedeltà e infedeltà, verità e menzogna e dunque di giudicare con rettitudine. Il giudizio sarà severo: la distruzione di Gerusalemme e la deportazione dei superstiti.
Ma in questo panorama senza speranza, Geremia col suo folle gesto, annunzia qualcosa che sta oltre la distruzione: la certezza di un futuro. Potremmo dire, di una resurrezione. Non costruita dalle nostre decisioni, ma creata e voluta dalla fedeltà di Dio.
Anche la nostra generazione guarda smarrita, con angoscia, al presente e ai giorni che vengono. Come non vedere nelle tragedie dell’oggi un giudizio su politiche e scelte dissennate che generano miseria, oppressione, guerre, catastrofi ambientali e quant’altro?
La sfida, per chi non vuole rinchiudersi nel cerchio della rassegnazione, è quella di costruire gesti e azioni che guardano oltre, a un mondo diverso. Illusione? Utopia? Nulla di tutto ciò, ma consapevolezza che la nostra vita non è preda di un destino cieco, o del nostro peccato, ma è sostenuta, protetta, salvata dal Signore, perché «in lui viviamo, ci muoviamo e siamo».