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La relazione al centro

«La chiesa non deve difendere la struttura giuridica del matrimonio ma aiutare le persone a crescere insieme». Il pastore Paolo Ribet commenta il Sinodo dei vescovi, ormai alle battute finali

Il Sinodo dei vescovi sulla famiglia è ormai al termine: sul tappeto temi importanti come la comunione ai credenti risposati o la questione dell'omosessualità e delle unioni gay. Sullo sfondo, la presa di posizione del papa, che ha ribadito «l'innegabile valore del matrimonio indissolubile e della famiglia sana». In attesa che domani l'assemblea plenaria voti il testo finale, abbiamo fatto il punto con il pastore Paolo Ribet, coordinatore della Commissione 'famiglie' nominata dalla Tavola valdese.

Possiamo fare una valutazione complessiva di come sono andati i lavori dell'Assemblea?

«Ancora non si conoscono le conclusioni ma dopo l'Assemblea straordinaria dell'anno scorso ero ottimista perché si era aperta una porta che pensavo non si potesse più chiudere; ora sono ansioso di sapere se la parte più reazionaria della Chiesa cattolica è invece riuscita a chiuderla di nuovo. Comunque è sicuro che alcune questioni della vita delle persone, che fino a poco tempo fa non si potevano nemmeno mettere in discussione, ora sono oggetto di dibattito. Il cardinale Kasper che dice che l'omosessualità è uno status e non una scelta etica fa un'affermazione importante: è segno che finalmente si prende atto della realtà. Io credo che la Chiesa cattolica debba fare un ulteriore passo in avanti svincolando il matrimonio – che considera un sacramento – da una visione giuridica che la porta a forzature come la procedura dell'annullamento da parte della Sacra Rota. Un escamotage che di fatto aggira il divorzio e quindi la legge dello Stato italiano, con delle conseguenze non indifferenti per esempio per moglie e figli, nei confronti dei quali non si hanno più doveri».

Il Sinodo ha avuto anche dei colpi di scena, come la lettera dei 13 cardinali al papa, in cui si criticavano le aperture in corso, a partire dalla comunione ai divorziati.

«La novità negativa di questo Sinodo è proprio il tentativo delle destre di riconquistare una maggioranza. I tradizionalisti forse pensavano che le loro idee fossero maggioritarie ma l'anno scorso hanno scoperto che non è così e adesso sono passati alla riscossa per cercare di riguadagnare il terreno perduto. Per difendere la famiglia indissolubile composta da un uomo e una donna, la destra cattolica si basa sull'idea che “l'ha detto Gesù”: una sorta di “Dio lo vuole” non negoziabile. Ma se si legge la Bibbia la risposta è più articolata. Certo nell'evangelo di Marco al capitolo 10 a proposito del divorzio c'è scritto “Non sono più due ma uno, perciò l'uomo non separi quello che Dio ha unito”, però già al tempo di Matteo le cose erano un po' cambiate e troviamo come eccezione al divieto di divorzio la fornicazione; poi l'apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi, al cap 7, dice chiaramente che se uno dei due coniugi non è credente e vuole separarsi, l'altro non è vincolato. Insomma, di fronte a nuove situazioni la risposta cambia, come cambia la realtà a cui bisogna fare fronte. In più bisogna dire che quel “Dio non separi” è detto in difesa della donna, all'epoca soggetta alla volubilità del marito: quindi nel Vangelo non è la famiglia da tutelare ma la moglie. In sintesi, quando parliamo della famiglia vale il comandamento fondamentale di Paolo in 1 Corinzi 7, 15: “Dio vi ha chiamati a vivere in pace”. Quello che la chiesa dovrebbe fare non è difendere la struttura giuridica del matrimonio ma aiutare le persone ad essere più forti e stabili, per renderle capaci di crescere insieme in una dimensione di relazionalità non effimera ma capace di resistere nel tempo».

Questo Sinodo segna un passo avanti sul cammino ecumenico?

«Dipende con chi e su cosa ci si trova d'accordo. Con i cattolici a livello teologico c'è comunque un dialogo, mentre da un punto di vista etico – sulla famiglia, sul gender, sulle adozioni, sul fine vita – sono più vicini agli evangelicali. Ci sono delle chiusure, ma come abbiamo detto la Chiesa cattolica si è messa in cammino e lentamente si muove».

Il documento elaborato dalla Commissione “Famiglie” è pronto per essere presentato al prossimo Sinodo perché possa diventare documento ufficiale della chiesa. Quali sono i nodi principali?

«La base da cui parte è che il problema non è la struttura giuridica della famiglia, ma la relazione o le relazioni che le persone intrecciano. Non bisogna idealizzare il passato, perché è vero che c'erano meno separazioni ma è altrettanto vero che spesso le coppie stavano insieme per dovere e la famiglia poteva essere un luogo di violenza o in cui una delle due parti era nettamente sfavorita rispetto all'altra. Oggi, nel quadro attuale, quello che è veramente importante è appunto la capacità di costruire delle relazioni. A parte il riconoscimento della coppie dello stesso sesso, il documento della Commissione propone anche la benedizione di coppie eterosessuali non sposate, cosa che fino a ieri non si faceva. D'altra parte un tempo non ci si sposava per non perdere alcuni privilegi, come la reversibilità della pensione, ma oggi c'è chi rifiuta di sposarsi per motivazione ideologiche, che non necessariamente si devono condividere ma che vanno comunque rispettate. In generale, si prende atto dell'unione e si chiede al Signore di benedire la coppia, senza limitazioni».

Foto P. Romeo/Riforma

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