Ciò che Dio si aspetta da noi
19 ottobre 2015
Un giorno una parola – commento a Salmo 146, 9
Il Signore protegge i forestieri, sostenta l’orfano e la vedova
(Salmo 146, 9)
La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo
(Giacomo 1, 27)
Il Salmo 146 inizia richiamando l’anima del salmista, e con essa tutti noi, alla lode: «Anima mia, loda il Signore». Ma cosa significa lodare il Signore? Semplicemente andare in chiesa la domenica mattina, magari frettolosamente, o perfino leggere tutti i giorni le Losungen e pregare al mattino prima di uscire da casa? No, lodare il Signore significa in primo luogo non confidare «nei prìncipi, né in alcun figlio d’uomo, che non può salvare», quindi abbandonare la cosiddetta saggezza terrena, il nostro buonsenso, il facile «ma cosa posso fare io da solo? Mica posso cambiare la storia», il nostro adeguarci alla nostra società e ai suoi valori, che nel nostro caso, di tranquilli italiani, significa accettare di mantenere un tenore di vita che si regge sullo sfruttamento del pianeta e di milioni di altri uomini e donne; ma anche il tollerare che nelle comunità di fede possano nascere sotterfugi, piccole ipocrisie, strategie più o meno «politiche» per far vincere una «linea» di pensiero.
Il salmista invece ci suggerisce di abbandonare i luoghi comuni e di confidare solo nel Signore, in Colui che «ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi» e poi ci spiega cosa fa il Dio di Giacobbe al quale dobbiamo rendere la nostra lode e quindi cosa Egli si aspetti da noi: non di seguire il senso comune, ma al contrario, con coraggio, di dare il cibo agli affamati non accettando che la nostra sazietà provochi la morte per fame o una vita di stenti per milioni di persone; di rialzare gli oppressi e quindi di lavorare e impegnarci per combattere l’oppressione, quella che spesso si annida all’interno delle nostre stesse città e al nostro fianco; di amare i giusti e quindi di avere il coraggio di prendere posizione, non restando perennemente ai margini, in un qualunquistico silenzio; di proteggere i deboli, cioè gli stranieri. Mai come in questi giorni queste parole suonano come un atto di accusa a tutti noi. Un’accusa che non deve lasciarci indifferenti, finita la preghiera del mattino, ma che deve chiamarci e scuoterci, deve farci alzare e renderci partecipi del piano di Dio. Ed infine di sostentare l’orfano e la vedova, di nutrirli, lavorando attivamente alla creazione di un mondo che sia veramente solidale e fraterno, che sappia accogliere e sostenere.
Solo così potremo essere fedeli al nostro Signore. Amen.