Scorgere la presenza di Dio
05 ottobre 2015
Un giorno una parola – commento a Neemia 13, 2
Il nostro Dio convertì la maledizione in benedizione.
(Nehemia 13, 2)
Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione
(II Corinzi 5, 19)
«… e per finire estrasse un coniglio dal cappello a cilindro!». A prima vista la confessione di Neemia potrebbe sembrare il racconto dell’operato di un mago, di un bravo illusionista che da un momento all’altro fa cambiare le cose, fa passare per possibile ciò che pareva impossibile. Prima tutto era brutto, dopo tutto si rivela bello; prima nulla funzionava come si immaginava, dopo l’intervento magico ogni cosa è al suo posto. Dio, dunque, come una bella ed efficiente «macchina da miracoli» cui affidarsi per raddrizzare ciò che vi è di storto nelle nostre esistenze.
Se Neemia parlasse veramente di questo Dio, vi sarebbe ben poco che ci interessa, innanzi tutto perché non è questa l’esperienza che facciamo nell’incontro con il Signore: noi non abbiamo conosciuto un Dio che a nostra richiesta risolve i nostri problemi con un tocco di bacchetta e una formula magica. Noi conosciamo la difficoltà nella vita quotidiana e sappiamo bene che non basta invocare Dio per vederla sparire.
In effetti, non è esattamente questo che ci sta testimoniando Neemia riguardo la sua esperienza di fede. Se leggiamo della sua vita nel libro biblico che porta il suo nome, ci rendiamo conto che non ha passato un’esistenza nella bambagia, ma al contrario ha conosciuto l’ostilità, l’odio, l’incomprensione come spesso avviene anche a noi. Nonostante tutto, però, osservando quanto ha incontrato e vissuto, riconosce l’intervento del Signore. Il nostro autore non dice che Dio ha cambiato il «male» in «bene»: questo sì potrebbe essere opera solo opera illusoria di magia. No, questo non è successo; ma Dio ha cambiato «maledizione» in «benedizione», ha trasformato esperienze di solitudine in esperienze di comunione, Dio non è stato assente in momenti che parevano drammatici, anzi proprio in quelli, confessa Neemia, ha potuto per fede scorgere su di lui la mano del Signore che protegge e accompagna.