Le vere minacce alla famiglia
22 luglio 2015
Rubrica «Finestra aperta» della trasmissione di Radiouno «Culto evangelico» curata dalla Fcei, andata in onda domenica 19 luglio
A qualche settimana dalla manifestazione del Family Day, sperando che si siano abbassati i toni fragorosi della piazza, possiamo azzardare qualche riflessione speriamo utile a tutti quelli che hanno a cuore la famiglia. L’affermazione secondo la quale la famiglia tradizionale sarebbe sotto attacco da una lobbie omosessuale che propugnerebbe una ideologia gender soprattutto nelle scuole non ha riscontro nella realtà.
La famiglia, e questo corrisponde anche alla mia personale esperienza pastorale, è semmai minacciata da dentro da alcuni comportamenti, questi sì tradizionali e nondimeno intollerabili, che sono la prepotenza, la prevaricazione e la violenza soprattutto da parte degli uomini nei confronti delle donne. I comportamenti «machisti» e autoritari corrodono la famiglia dall’interno, fino a distruggerla. Dall’esterno la famiglia è attaccata da un sistema economico che impedisce alle giovani generazioni, di programmare la vita a medio e lungo termine. La precarietà del lavoro e la perdita di ogni tutela sono reali impedimenti a costituirsi famiglia e a decidere responsabilmente di mettere al mondo dei figli. Resta dunque il sospetto, che alcuni slogan del Family day siano serviti più che a tutelare la famiglia a mortificare le richieste che vengano riconosciuti dei diritti ai conviventi etero e omosessuali.
Per noi cristiani che non siamo andati al Family day restano due riferimenti fondamentali. Il primo è che i diritti civili vanno difesi sempre, anche quando non corrispondono in tutto o in parte alla nostra personale sensibilità religiosa. Questa è la ragione per cui, ad esempio, negli anni ’70 e inizio anni ’80, le nostre chiese evangeliche, in particolare battiste metodiste e valdesi, difesero le leggi sul divorzio e quella sulla parziale legalizzazione dell’aborto. Non si trattò di difendere scelte etiche che comunque restavano personali, ma di affermare, attraverso un’azione politica, il diritto di scelta lasciando a chi la compieva la responsabilità della stessa. E vorrei ricordare che nel caso dell’aborto si è trattato di una buona legge che ha contribuito ad abbattere il numero degli aborti, non ad aumentarli. A maggior ragione questo vale per la variegata comunità degli omoaffettivi. La loro richiesta di vedere favorita la loro stabilità affettiva mediante riconoscimenti giuridici opportuni non impone alcuna ideologia né toglie qualcosa a qualcuno.
Per noi cristiani poi c’è una stella polare in grado di illuminare anche i sentieri più incerti, il comandamento dell’amore che ci ha insegnato Gesù: amare Dio con tutto il cuore e amare il prossimo come se stessi. Dunque non siamo timorosi e non lasciamoci condizionare da chi vuole farci credere che il bene di alcuni, non possa che passare per la discriminazione o anche la negazione dei diritti degli altri.
L’amore umano sta all’amore di Dio come la frangia di una bellissima tovaglia sta alla trama damascata del prezioso tessuto. L’amore di Dio è perfetto, e ha il suo disegno mirabile nel dono di Cristo. Noi siamo la frangia: spesso i nostri fili fanno fatica a trovare lo stesso ordine e a manifestare la stessa tenuta. Ma si tratta degli stessi fili. L’amore è uno solo e quando esso si esprime in maniera libera e consenziente, merita rispetto profondo. Sempre.