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Il capo partigiano che incontrò i valdesi

Giorgio Agosti, poi questore a Torino, fu vicino alla famiglia di Willy Jervis

Questo è un libro straordinario1, dedicato a un uomo straordinario, e comincia in un modo straordinario: una staffetta partigiana (Lisa) riceve, davanti a una ronda fascista, una busta che dovrà consegnare a dei militanti della Resistenza; non è difficile individuare l’ignoto che le ha affidato la busta: il suo nome spicca su un vistoso manifesto che promette molto denaro a chi lo consegnerà alle «Autorità». Si tratta di Giorgio Agosti, che sta attraversando il periodo più intenso di tutta la sa vita: la vita di un dirigente della Resistenza.

A dire il vero, la vita di Agosti era cominciata in modo molto più tranquillo: nato nel 1010 in una tipica famiglia della classe media progressista torinese, egli era cresciuto in una sorta di antifascismo prepolitico, e ne aveva tratto il gusto per «una ferma sobrietà del vivere», come dice il nostro autore a p. 82. Lo stesso stile di vita si ritrovava nelle famiglie dei suoi amici di gioventù: Alessandro e Carlo Galante Garrone2, Aldo Garosci.

Anche gli anni degli studi erano stati per Giorgio felici ed efficaci: anzitutto l’indimenticabile liceo «D’Azeglio», con i suoi grandi docenti (come Augusto Monti) e numerosi allievi destinati a un grande (anche se non sempre felice) avvenire: Norberto Bobbio, Leone Ginzburg, Cesare Pavese, Massimo Mila, Vittorio Foa, Giancarlo Pajetta e naturalmente i Galante Garrone e i Garosci: tutti ragazzi che cresceranno antifascisti, e lo resteranno.

Malgrado l’aggravarsi del regime fascista anche l’Università di Torino conservò la sua dignità ed efficacia: vi insegnavano personalità come Luigi Einaudi, grande economista e futuro presidente della Repubblica; ma più importante per dei futuri magistrati o avvocati era Francesco Ruffini, maestro di diritto e soprattutto teorico profondo della libertà religiosa, a cui aveva dedicato un libro indimenticabile.

Ma Ruffini aveva un difetto: era antifascista, e come tale dovette subire un’aggressione dagli studenti fascisti. A difenderlo accorsero i migliori studenti dell’Università: i due Galante Garrone, Giorgio Agosti, Aldo Garosci, Lodovico Geymonat, Mario Einaudi, Dante Livio Bianco, tutti nomi che sarà facile ritrovare nella storia della Resistenza e dell’Italia post-fascista.

Il regime fascista, intanto, si è andato gradualmente consolidando: tappe di questo consolidamento sono il Concordato, la campagna d’Etiopia, l’appoggio armato al fascismo spagnolo, l’alleanza di ferro con il fascismo tedesco. La laurea in Giurisprudenza permette però a Giorgio Agosti di diventare un magistrato del tribunale di Torino: incarico che manterrà fino alla fine della guerra. Nel frattempo però la vita gli ha sorriso: l’amore per Nini Castellani si è rapidamente trasformato in un matrimonio felice e fecondo.

Intanto è cominciata la Seconda Guerra mondiale e Torino è oggetto di duri bombardamenti angloamericani: bisogna «sfollare» e la meta ideale è Torre Pellice, perché nei nascenti nuclei di Resistenza antifascista Giorgio ha incontrato un buon numero di valdesi: tra questi, i tre fratelli Malan, «Poluccio» Favout e i fratelli Rollier. Jacqueline Rollier mette a disposizione una casa di sua proprietà a Torre Pellice: Giorgio accetta e trasloca subito con Nini: Aldo, il loro primo figlio, nasce proprio lì. Quanto a Giorgio, egli è costretto a far la vita del «pendolare»: di giorno fa il giudice a Torino, e tutto il resto del tempo è dedicato all’attività politica e partigiana. In queste attività, egli ritrova i suoi vecchi maestri e quasi tutti i suoi compagni di studi, che gli affidano compiti sempre difficili e talvolta rischiosi. In buona sostanza, Agosti è un clandestino: nelle ore d’ufficio, si occupa di ladruncoli, di ubriaconi, di normale burocrazia; nel tempo libero (leggasi: nelle ore della sera e della notte) rischia la vita come alto dirigente politico (del Partito d’Azione appena costituito) e come capo partigiano: gestisce tutti i problemi del finanziamento e dei rifornimenti, aiuta i prigionieri anglo-americani a evadere verso la Francia.

Quando è necessario, apre perfino le trattative con i comandi tedeschi: propone (e talvolta ottiene) degli scambi di prigionieri. In un momento drammatico (l’estate 1944) lo scambio non avviene: questo è il caso di Guglielmo Jervis, che verrà torturato, fucilato e poi impiccato a Villar Pellice. Agosti nota che Jervis portava sempre con sé la Bibbia, e lo fece anche nel giorno del martirio. In una lettera privata aggiunge: «Jervis apparteneva a quel gruppo di Valdesi la cui scelta di passare alla resistenza si basava sulla fusione di motivi etici, religiosi e politici»3.

Il momento più felice della militanza partigiana di Agosti arriva con il XXV Aprile: egli accoglie con gioia le avanguardie anglo-americane, ma precisa che il Cln è ormai un legittimo organo di governo, non ha bisogno di essere tutelato né, tantomeno, controllato. Il Cln affida ad Agosti quasi tutti i processi relativi a fascisti repubblichini: taluni di questi crimini comportano la pena di morte, e Agosti non si sottrae: anche le leggi di guerra vanno applicate.

Ma c’è di più: il Cln chiede a Giorgio di accettare l’incarico di questore, e Giorgio accetta: terrà questo incarico fino al 1948. Per lui il XXV Aprile non segna solo la fine del regime fascista: deve segnare una vera e propria ricostruzione morale e civile della società italiana. I suoi tre anni di questore sono segnati dal timore che possa invece rinascere la vecchia Italia corrotta e conservatrice e, quando Mario Scelba diventa ministro dell’Interno, Agosti si dimette da questore. Ma non si dimette da cittadino: per decenni continuerà a essere un militante della giustizia e della libertà: lo sarà come Direttore generale della Sip (Società idroelettrica piemontese) e poi, con il centro-sinistra, come alto funzionario dell’Enel.

Sempre lavoratore esemplare, egli riuscirà a coltivare un’amicizia con uomini come Piero Calamandrei, senza trascurare gli amici torinesi. Una particolare attenzione verrà da lui dedicata alla vedova e ai figli di Guglielmo Jervis, come dimostra un toccante epistolario.

Tutti questi impegni non lo portano a trascurare Torino, la città medaglia d’oro della Resistenza: è tra i fondatori del Centro Gobetti (di cui sarà segretario generale) e dell’Istituto torinese per la storia della Resistenza (Istoreto) che oggi porta giustamente il suo nome. Agosti non è mai stato uomo da sottrarsi alle sue responsabilità: ha espresso il suo parere (favorevole) sulla nascita dello stato d’Israele, sulle involuzioni staliniste nell’Europa orientale, sul centro-sinistra e sulle generose illusioni degli studenti nel ’68.

Concludiamo: Giorgio Agosti parla ancora. per ascoltarlo basta leggere questo libro, di cui vivamente ringraziamo l’autore.

1. Paolo Borgna, Il coraggio dei giovani grigi. Vita di Giorgio Agosti, Roma-Bari, Laterza, 2015, pp. 249, euro 24,00.
2. Si veda Il mite giacobino – Alessandro Galante Garrone, a c. di P. Borgna, Roma, Donzelli, 1994.
3. V. C. Bergamaschi e P. Agosti (a c. di), Giorgio Agosti nelle lettere ai familiari, Torino, Inside out edizioni, 2004, p. 105.