I valdesi incontrano il papa. Bernardini: «saremo noi stessi»
19 giugno 2015
Grande attesa per l'incontro di lunedì 22 a Torino
Lunedì 22 giugno per la prima volta un papa varcherà la soglia di un tempio valdese, per incontrare la Tavola Valdese e i rappresentanti di altre realtà evangeliche. L'incontro avverrà al tempio valdese di Torino, in corso Vittorio Emanuele II e sarà trasmesso in diretta su Raiuno, dalle 8,55; la sera stessa su Raidue la trasmissione "Protestantesimo" manderà in onda uno speciale sulla visita. «Lunedì noi non avremo timore di riconoscere tutto ciò che ci lega in quanto cristiani, discepoli di Gesù Cristo e discepoli del medesimo Dio – ha detto il moderatore della Tavola Valdese Eugenio Bernardini – ma non avremo timore di richiamare quegli aspetti teologici e religiosi che ancora segnano le nostre distanze sulle quali noi vorremmo lavorare per fare maggiori progressi: questo è l’ecumenismo».
Come arrivano la Tavola e le chiese a questo incontro?
«Come ci aspettavamo, sereni e tranquilli. Naturalmente c’è qualche preoccupazione per come l’evento verrà compreso e gestito mediaticamente, anche perché ci sarà la diretta di Raiuno, che consentirà a moltissime persone di poter vedere ciò che accade. Come di fronte a qualsiasi cosa, piccola o grande, e come qualsiasi comunità, abbiamo aspettative e opinioni diverse. Dal nostro punto di vista è un evento coerente con il cammino ecumenico che come metodisti e valdesi abbiamo intrapreso in modo convinto da molto tempo: ci sono varie dichiarazioni sinodali che affermano che il cammino ecumenico è per noi una scelta definitiva e non potremmo mai più comprenderci come chiesa di Gesù Cristo al di fuori di una visione di scambio, collaborazione e comunione con altre chiese, prima di tutto in campo protestante e poi con la più ampia ecumene cristiana».
Sarà un incontro tra grandi diversità?
«Intanto si tratta di entità incommensurabili per dimensioni e impatto: noi siamo un puntino sul pianeta, forse un mezzo puntino, la Chiesa Cattolica Romana è una realtà molto grande. Le differenze che hanno portato fino qui e il fatto che ognuno faccia le proprie scelte in modo autonomo e diverso, in alcuni caso anche divergente, non sono venute improvvisamente a mancare: ma un po’ tutti comprendiamo che le cose che ci uniscono sono moltissime. Sottolineare le diversità per affermare la propria identità è umano, ma dobbiamo prendere atto che esiste anche una comunione profonda in moltissime cose fondamentali. Lunedì noi non avremo timore di riconoscere tutto ciò che ci lega in quanto cristiani, discepoli di Gesù Cristo e discepoli del medesimo Dio, ma non avremo timore di richiamare quegli aspetti teologici e religiosi che ancora segnano le nostre distanze sulle quali noi vorremmo lavorare per fare maggiori progressi: questo è l’ecumenismo. Schiettezza e sincerità ma in un clima di ascolto reciproco e fraternità, non di contrapposizione e polemica. Questa è la grande differenza rispetto a un passato che non vorremmo riprendere in questi tempi».
Sono state espresse preoccupazioni su come sarà percepita all'esterno l’identità valdese: qual è la vostra strategia per raccontarlo al meglio?
«La strategia è quella di essere noi stessi. Saremo noi stessi perché avremo gli abiti che utilizziamo per i nostri incontri, e non quelli per il culto; saremo noi stessi perché diremo insieme il Padre Nostro e canteremo gli inni delle nostre chiese; saremo noi stessi perché parleremo con il linguaggio di sempre. Speriamo che questo possa essere compreso perché il gioco della comunicazione mediatica attraverso la televisione può raccontare in modo molto veritiero la realtà, ma dall’altra conosciamo i rischi di semplificazione e fraintendimento che ci possono essere. In Italia i giornalisti che si occupano di informazione religiosa vengono definiti vaticanisti, ma non c’è solo il vaticano e se ne sono resi conto anche loro, anche se spesso non hanno gli strumenti per leggere correttamente le realtà diverse da quella cattolica. Quando abbiamo pensato all’evento e abbiamo ricercato la possibilità di avere una diretta televisiva sapevamo che questo poteva essere un rischio: la nostra strategia è di autenticità, vedremo come sarà recepita».
Il patto di integrazione tra le chiese metodiste e valdesi di 40 anni fa ha dimostrato che si può essere uniti nella diversità: c'è un interesse a immaginare un percorso simile con il mondo cattolico?
«Non è nel nostro orizzonte ecclesiastico e penso neppure umano: può essere nell’orizzonte dello Spirito, a cui nessuno può porre dei limiti. In questo incontro rappresenteremo, anche simbolicamente, l’unione delle diversità che già sono interne alla nostra chiesa. Oltre a me, in rappresentanza delle chiese valdesi italiane, ci sarà il moderador delle chiese valdesi del Rio della Plata, ci sarà la presidente del Comitato permanente metodista, e saranno presenti i rappresentanti delle chiese evangeliche in Italia con cui noi abbiamo già un patto profondo di collaborazione nell’ambito della Federazione delle chiese Evangeliche in Italia. Ci vogliamo rappresentare, anche in questa diversità, in comunione. Con la chiesa cattolica il cammino da fare è ancora molto lungo, ma se si pensa a cosa si è realizzato dagli anni 60, il cambiamento nella relazione tra le chiese è stato epocale: l’apertura di questo papa ha sicuramente contribuito in questo percorso».