Amore. oltre la dialettica tra modernità e tradizione
16 giugno 2015
Un dialogo torinese sull’ultimo libro di Alberto Melloni, storico del Cristianesimo
Il dialogo suscitato dall’ultimo libro di Alberto Melloni (Amore senza fine. Amore senza fini, Il Mulino 2015) ha portato a confrontarsi un teologo, Roberto Repole, e una sociologa, Chiara Saraceno, che al Cricolo dei lettori di Torino il 3 giugno, hanno riconosciuto il valore di questo lavoro di ricerca storica volta a decostruire dall’interno secoli di dottrina morale e catechesi cattolica sul matrimonio. Di più, mira a dimostrare come diritto canonico e civile hanno congiurato per circoscrivere il matrimonio ai propri fini, a discapito dell’amore. Quello che tutti ormai percepiscono è che non esiste più – ma c’è mai stata? – una semantica comune dei legami d’amore, né in Occidente né nel mondo globalizzato.
A fronte della fragilità dei legami e della frammentarietà della vita sociale, la continua ridefinizione di ciò che si intende per «famiglia» e «matrimonio» che si fa strada nella vita sociale e attraverso le culture sfiora solo marginalmente la Chiesa cattolica romana, pur nella brezza evangelica portata dal papato di Francesco, che non sembra però andare oltre i «valori non negoziabili», anche quando la realtà – per esempio il recente referendum nella cattolicissima Irlanda – dimostra gradi di autonomia fino a poco prima impensabili. Da un lato si tiene ferma la dottrina, dall’altro si allargano pastoralmente le possibilità d’accoglienza delle persone. Perché – si chiede Melloni – la Chiesa cattolica romana ripiega sulla «centralità della famiglia», discorso tipico della cristianità ma anche – come ha sottolineato Saraceno – pericolosamente vicino alle derive discorsive del regime fascista, e non coglie la straordinaria occasione di annunciare il Regno che viene a ogni persona, con una luce che illumina ogni amore e che lo libera in senso evangelico?
Il dialogo tra gli studiosi ha tentato di incrinare alcuni assunti del senso comune come ad esempio la contrapposizione tra modernità e tradizione, cercando anche di evidenziare le responsabilità delle chiese nel perpetuare un regime di subordinazione dell’uomo sulla donna, cui il matrimonio forniva un istituto. A rimarcare la necessità di parlare di famiglie «al plurale» sono stati tutti gli interlocutori, che infatti hanno sottolineato l’importanza di dare voce alle famiglie concrete e reali che già sono presenti nelle chiese e che chiedono un riconoscimento dei legami d’amore e un’uguaglianza di diritti e doveri. L’amore romantico è un fatto recente, ha ricordato Saraceno, che ha poi insistito sull’importanza di questo libro per interrogarsi anche sulle sfide che l’amore del Cantico dei Cantici pone a qualsiasi legame che nel momento in cui rischia il vincolo, ne rischia al contempo la fine. Ecco che l’amore del prossimo, in senso evangelico, diviene messaggio di liberazione che illumina qualsiasi situazione di vita, non solo quella di alcuni ma di tutti.
La sfida che il discorso sulla famiglia nello spazio pubblico ci pone – e pone in modo particolare ai credenti – è un’occasione per riscoprire il messaggio di Gesù, ripartendo dall’amore e dai principi di uguaglianza tra fratelli e sorelle, in una comunità cristiana. L’esegesi ha mostrato come nei racconti di Genesi 2-3 la differenza sessuale diviene una metafora per esprimere l’umanizzazione dell’alterità che non necessariamente poggia sulla «natura», ma su un concetto di reciprocità che è dono e che si rinsalda nel perdono.
Al dibattito sul gender il libro dedica un capitolo e Saraceno ha commentato che sono stati il femminismo e in particolare l’antropologia culturale a scoprire il valore della differenza sessuale e la non-coincidenza del dato biologico con le rappresentazioni simboliche di tale differenza. Nelle diverse culture, ciò che viene definito «maschile» o «femminile» può variare considerevolmente e questa non è un’acquisizione recente, se si pensa alle ricerche di Margaret Mead (1901-1978). Più recente è aver scoperto il ruolo del linguaggio nella costruzione del genere, come sottolineato da Judith Butler, ma il libro sembra sostenere che è proprio nell’arcipelago delle nostre differenze che Dio ci parla, non per valorizzare una forma di famiglia a scapito di altri legami, quanto piuttosto nell’affermare che in Cristo non c’è più né maschio né femmina (Gal 3, 28). E questo spaesamento riguarda tutti, sostiene Melloni.
Allora perché il dibattito in seno alla Chiesa cattolica romana sembra essersi bloccato dopo aperture che lasciavano sperare passi in avanti? Il libro sostiene che andare avanti si può, ed è urgente farlo per prendere sul serio le differenti posizioni senza ignorarsi vicendevolmente, ma riaffermando la speranza che, svincolandosi dolcemente dalle eredità del passato, i passaggi di vita possano essere vissuti pienamente al presente.