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La vicinanza di Dio

Un giorno una parola – commento a Salmo 50, 15

Invocami nel giorno della sventura, io ti salverò e tu mi glorificherai
(Salmo 50, 15)

Gettate su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi
(I Pietro 5, 7)

Tante volte, nei colloqui pastorali, ricorre la domanda: «Ma perché questa cosa è capitata proprio a me che sono un figliolo, una figliola di Dio?».

Spesso si cade nell’equivoco che essere cristiani sia una sorta di “polizza infortuni” che ci copre da ogni rischio. Le cose non stanno proprio così… vero è che siamo eredi e figli/figlie di Dio, ma è pur vero che siamo esseri umani con i nostri limiti e le nostre fragilità.

Se le tegole ci cadono in testa è semplicemente perché, come tutti gli altri, siamo esseri umani.

Ma una differenza c’è. La vicinanza di Dio, la sua premurosa affezione paterna ci potranno aiutare a superare tutte le prove che la vita ci propone.

Tutto sta nella fedeltà di Dio alle sue promesse e alla fede che noi riponiamo in esse.

Le promesse di Dio, si sa, sono raccolte nelle Scritture, quelle Scritture che continuamente sostengono chi crede puntellandone le debolezze.

Quelle Scritture ci parlano non di un Dio impassibile, ma di un Dio che sente il grido del suo popolo e interviene in favore di Israele (cfr. Esodo 3, 7); ci presentano un Dio che rassicura Giosuè, dicendogli: «Io non ti lascerò, non ti abbandonerò» (Giosuè 1, 5).

Ora, quel Dio che nella sua fedeltà non viene meno alle sue promesse, è lo stesso Dio che ci dice oggi: «Invocami nel giorno della sventura, io ti salverò e tu mi glorificherai» (Salmo 50, 15).

È questo un invito alla fede in ogni tempo ed in ogni circostanza, nella buona e nella cattiva sorte. Dio è Dio e Padre anche nei giorni delle vacche magre.

Resta un dato di fatto: nulla ci potrà separare dell’amore di Dio (cfr. Romani 8, 35ss).  

Foto di Artsy via Flickr | Licenza CC BY-SA 2.0