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La signoria di Dio

Un giorno una parola – commento a Malachia 1, 6

Un figlio onora suo padre e un servo il suo padrone; se dunque io sono padre, dov’è l'onore che m’è dovuto? Se sono padrone, dov’è il timore che mi è dovuto?
(Malachia 1, 6)

Ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre
(Filippesi 2, 11)

Se uscissimo per strada a domandare alle persone se credono nell’esistenza Dio, nella stragrande maggioranza le risposte concorderebbero per il sì.

Se poi chiedessimo: «Ma quel Dio, è il Tuo Signore?», probabilmente ci troveremmo davanti a risposte imbarazzate.

Per molti è facile, quasi naturale, riconoscere l’esistenza di Dio, meno facile è accettarne la signoria.

Dio è un Padre attento ai nostri fabbisogni, a Lui sono dovuti la gloria e l’onore in ogni tempo ed in ogni circostanza, nella buona e nella cattiva sorte. La realtà però è che anche noi cristiani e cristiane ce ne ricordiamo solo in determinate circostanze.

Vincendo l’incoerenza che spesso ci pervade, la gloria e l’onore che tributiamo a Dio deve incarnarsi in ciascuno e ciascuna di noi nei gesti che compiamo ogni giorno, nella quotidianità delle nostre relazioni, affinché coloro che incontriamo possano scorgere in noi qualcosa che ci rende diversi.

Anche questo - e direi specialmente questo - è evangelizzare, dare testimonianza di un Dio vivente e trasformante che ancora oggi ci rivolge le parole: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Matteo 7, 21).  

Foto "Tetragrammaton Sefardi". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.