Intervista a Leopoldo Cervantes-Ortiz
03 giugno 2015
Leopoldo Cervantes-Ortiz, pastore della Comunione messicana delle Chiese riformate e presbiteriane (Cmcrp), è membro della Commissione di formazione ecumenica del Consiglio ecumenico delle Chiese
Quali sono oggi le sfide per le Chiese protestanti in Messico?
Prima di tutto dovrebbero rafforzare la propria riflessione teologica, che si è impoverita perché i giovani pastori non hanno una formazione paragonabile a quella dei loro predecessori né è cresciuta la conoscenza del contesto e del momento storico in cui operano le Chiese. In secondo luogo dovrebbero tornare a dialogare con la società per superare il disorientamento ideologico che hanno subito dopo la perdita del controllo politico del paese da parte del liberalismo, cui il protestantesimo era legato, per cui le nuove generazioni di leader e laici impegnati si sono spostate su posizioni di destra, tanto da sostenere il Partito di azione nazionale (Pan), durante i 12 anni (2000-2012) in cui ha governato. Noi abbiamo criticato questa alleanza col partito filocattolico, ma buona parte degli evangelici l'ha votato, un fatto impensabile 30-40 anni fa.
Lei ha partecipato nel 2012 alla fondazione della Cmcrp dopo il rifiuto della Chiesa nazionale presbiteriana messicana (Inpm) di aprire il pastorato alle donne.
Sulla questione la Comunione mondiale delle Chiese riformate (Wcrc) ha dato orientamenti alle Chiese nazionali, ma in alcuni paesi latinoamericani, tra cui il Messico, tardano ad applicarli, perché la cultura maschilista e patriarcale è estremamente radicata. Nell'Inpm non credo che questa situazione cambierà presto, anche perché la sottomissione delle donne è evidente. Per esempio, a Città del Messico c'è una scuola che da decenni forma missionarie. Il loro titolo di studio arriva al diploma di secondaria, ma svolgono il lavoro pastorale più pesante, in luoghi isolati e comunità remote dove nessuno vuole andare. Mentre prima erano considerate “suore protestanti”, ora molte si sposano, ma spesso i mariti si rifiutano di andare nei posti cui sono assegnate, per cui si separano, vivendo un lacerante conflitto interiore tra il dedicarsi totalmente al servizio pastorale e il condurre una vita matrimoniale. Quindi non hanno un riconoscimento ecclesiastico sul piano dell'istruzione e vivono situazioni familiari complicate. Le più giovani sono a disagio nella Chiesa perché si vedono escluse da ruoli di direzione, dalla predicazione, ecc., per cui non poche decidono di passare ad altre denominazioni, dove magari sono ordinate, se scoprono la vocazione.
In Messico le Chiese protestanti storiche sperimentano una pentecostalizzazione?
C'è stata, ma siamo già oltre. La pentecostalizzazione è cominciata negli anni '60 e si è conclusa alla fine degli anni '80, con forti conflitti, in particolare in ambito presbiteriano. In altre Chiese, come quella metodista, ciò è avvenuto in forma meno aspra, per una certa affinità di esperienza religiosa. Nel sud-est, per esempio in Chiapas, lo scontro ha invece portato alcune comunità ad abbandonare la denominazione presbiteriana per definirsi semplicemente “cristiane”. Oggi dirsi “cristiano” è una moda in Messico, ha sostituito l'essere evangelico o protestante e non equivale necessariamente a essere pentecostale. La pentecostalizzazione ha ravvivato la liturgia, ha rinnovato la partecipazione giovanile e anche a Città del Messico si possono trovare molte comunità presbiteriane il cui culto è di fatto pentecostale. Però questa fase storica del protestantesimo, che ha svolto la propria funzione di ravvivare la Chiesa, è finita e le acque sono tornate a scorrere nel loro alveo, seppure non uguali a prima. Il problema più grave sta nelle Chiese pentecostali e neopentecostali, dove è molto vivo un caudillismo dei leader che riflette quello politico, di cui non ci siamo ancora liberati. Nel protestantesimo storico questo fenomeno si riflette in un rafforzamento dell'autorità dei pastori, sebbene in misura minore nelle Chiese con un governo episcopale, cioè quelle anglicane, che sono piccole, e quelle metodiste, che sono più grandi.
Come giudica la nascita del partito evangelico Incontro sociale e, più in generale, la relazione tra il mondo evangelico messicano e uno Stato tradizionalmente laico, sebbene oggi mutato su questo terreno?
Il ritorno del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri) al governo nel 2012 ha significato una rilaicizzazione del regime. I governi del Pan erano parsi sottomessi alla Chiesa cattolica, col presidente Vicente Fox che baciava la mano al Papa in un incontro tra capi di Stato, e questo aveva spinto molti evangelici a non votare più la destra. La creazione nel 2006 di Incontro sociale è frutto dell'opportunismo di un singolo individuo, Hugo Eric Flores, che faceva parte dell'apparato di governo dal 2000 e si è convertito al protestantesimo evangelicale. Ha ricevuto un'ottima formazione come politologo ad Harvard e si è reso conto che nelle Chiese evangeliche poteva trovare appoggi al suo progetto. Nel sud-est, che è la riserva del voto evangelico, ha contattato pastori che avevano già promosso analoghe iniziative politiche finite nel nulla, ma ha ricevuto solo rifiuti. Nel nord, invece, ha avuto successo, soprattutto in Bassa California, dove ha ottenuto il registro statale. Ora sta cercando di conseguire quello federale. Raccoglie simpatie nei settori evangelici conservatori, in gruppi neopentecostali di ceto medio-basso, che non hanno conosciuto la tradizionale relazione del protestantesimo col liberalismo nel secolo XIX e poi col Pri. D'altro canto il suo comportamento ha già sconcertato molti, perché si è alleato prima col Pri, poi col Pan e a volte anche col Partito della rivoluzione democratica (Prd). Credo che al protestantesimo manchi l'esperienza cattolica della Democrazia cristiana, cioè la grande delusione di militanti che vedono come non basti l'affiliazione religiosa perché il partito risolva i problemi del paese.