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L’istruzione è un salvavita

Dagli Obiettivi del Millennio al ruolo dell’educazione contro i fondamentalismi

Alla fine del 2015 scadrà il tempo per realizzare gli Obiettivi del Millennio, otto punti essenziali per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’umanità, che nel 2000 i paesi delle Nazioni Unite hanno stabilito come linee guida fondamentali per garantire la salute e il benessere della popolazione mondiale e tra questi, due riguardano i bambini e la loro istruzione. Sono tuttavia ancora 57 milioni a non avere accesso alla scuola primaria, oltre ai 63 milioni di adolescenti, tra i 12 e i 15 anni ai quali viene negato l’accesso a questo diritto.

Ma la scuola continua a restare uno strumento fondamentale per l'emancipazione, la crescita e il confronto con gli altri, oltre che per iniziare a immaginare il proprio futuro, nella maggior parte dei casi, migliore. Forse proprio per questo, l’istruzione è spesso obiettivo degli attacchi di gruppi fondamentalisti ed estremisti, che uccidono studenti, rapiscono studentesse, distruggono la cultura, come in Kenia, Nigeria o in Iraq. Puntare sul potenziamento e la garanzia dell’istruzione a sempre più bambini e ragazzi, deve continuare a essere un obiettivo dei governi, anche per combattere i fondamentalismi. Ne abbiamo ragionato con Giacomo Guerrera, presidente di Unicef-Italia.

Riusciremo a raggiungere gli Obiettivi del Millennio?

«Sicuramente gli obiettivi di sviluppo non saranno raggiunti entro il 2015, ma lo sapevamo da tempo. Erano obiettivi ambiziosi, cui il mondo delle Onlus si è dedicato molto, soprattutto nei paesi più poveri del mondo. Sono stati fatti dei passi in avanti: l’acqua potabile è arrivata ad un numero sempre maggiore di persone, la povertà assoluta è stata dimezzata. Anche per l’istruzione certamente dei passi in avanti sono stati fatti, ma scontiamo un ritardo culturale in alcune aree, come in Nigeria, Niger, Cameroun, luoghi dove l’istruzione è considerata un diritto al quale possono accedere solo i maschi».

L’instabilità attuale di diverse aree del mondo rischia di minare i miglioramenti raggiunti?

«Sì, in alcuni paesi siamo tornati indietro in maniera drammatica, come in Siria: un paese in cui si era raggiunto un buon livello economico, cominciava a essere presente un ceto medio con delle possibilità concrete di mandare i propri figli a scuola. Quattro anni di guerra hanno distrutto questa economia e il tessuto sociale, oltre ai centri abitati e alle scuole. Le donne, i bambini e gli anziani sono le vittime principali. L’Unicef lavora, anche in Siria, per garantire che i bambini continuino il loro percorso scolastico. Questo è un danno che pagherà la società negli anni a venire, perché un’intera classe sociale non sarà preparata alle necessità di sviluppo che ci saranno. L’investimento sui bambini è un investimento sul futuro».

L’istruzione può essere uno strumento contro i crescenti fondamentalismi?

«La scuola è un salvavita. I movimenti fondamentalisti non sono uniformi nei vari paesi, né per struttura, né per scelte politiche, né per l’attenzione verso l’infanzia. In alcune aree distruggono con violenza, in altre no, agiscono dove c’è una presenza culturale diversa dalla loro e dove le persone si sono aperte a culture diverse, cercando di dare un futuro diverso ai propri figli, cosa che minaccia il loro credo e il loro punto di vista. Il sistema che si impone è quello della violenza dei tagliatori di teste, che riescono ad attrarre l’opinione pubblica. Quando parliamo con i nostri operatori presenti sul campo, però, scopriamo che a volte la situazione è diversa: i gruppi terroristici hanno abbandonato le posizioni conquistate, non hanno un esercito vero e proprio, hanno numeri inferiori a quello che sembra. Ma sul campo della propaganda e della comunicazione loro hanno vinto sicuramente. Sono riusciti a convincerci della loro strategia, del loro modo di cedere le cose con estrema violenza».

Sul campo, come si tutelano i bambini da questa violenza?

«Noi realizziamo interventi soprattutto nelle comunità rurali, nei piccoli centri, dove è possibile avere un dialogo diretto con le persone. Abbiamo fatto passi in avanti sulle mutilazioni genitali femminili o sull’istruzione, proprio grazie a questa politica. Quando dico che la scuola è un salvavita per i bambini e le bambine intendo anche che rappresenta un luogo dove è possibile avere accesso al cibo, acquisire istruzione, dove si è più protetti, dove diventa possibile immaginare il proprio futuro».

Copertina: "Kere primary school extension gando" di GandoIT - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.